I codici a barre sono un insieme di elementi grafici a contrasto elevato disposti in modo da poter essere letti da un sensore a scansione e decodificati per restituire l’informazione contenuta. Ma vanno utilizzati come si conviene. E a quanto pare non sempre accade. Per dieci anni i codici a barre sarebbero stati utilizzati malamente, non hanno mantenuto l’anonimato nei test di accesso ai corsi universitari.

All’Università di Messina, non nuova a guai, è successo l’impensabile: “Nome e cognome sulla scheda e consegna in ordine alfabetico”, scrive università.it, “E così: anonimato addio ai test di ammissione a medicina”.

Il caso rischia di trascinare con sé altre università italiane ed un numero incalcolabile di studenti. Per un decennio, infatti, si sarebbero verificate violazioni procedurali: test “illegittimi”, secondo il parere, ormai definitivo, del Consiglio di Stato.

In tutti concorsi di ammissione al corso di laurea in Medicina e Chirurgia dell’ateneo i candidati erano riconoscibili, e questo avrebbe potuto favorire alcuni.
Sono stati presentati due ricorsi dai candidati non ammessi alle graduatoria dell’anno accademico 2009/2010 e dell’anno accademico 2010/2011. Il primo è stato accolto anche dal Consiglio di Stato, il secondo è stato accolto dal Tar di Catania accolto dal Tar di Catania con sentenza non ancora definitiva.

Stando al parere del Consiglio di Stato, chiamato a valutare il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, si legge in università.it, “le modalità improprie applicate dall’ateneo avrebbero violato infatti il principio dell’anonimato, identificando nominalmente i candidati anziché utilizzare il codice a barre. I giudici della sezione consultiva hanno sostenuto che “appare particolarmente fondata la censura di violazione del principio dell’anonimato delle prove da correggere”. Non perché il codice non ci fosse: la commissione infatti ha fatto annotare ai candidati, sin dall’inizio della prova, il proprio nome accanto al codice riservato, che serve invece proprio a consentire l’abbinamento della prova d’esame alla scheda anagrafica.

Non solo, alla fine della prova, la consegna sarebbe avvenuta in ordine alfabetico. Facile a quel punto identificare i candidati e in linea teorica anche favorirne alcuni e penalizzarne altri.
L’Università di Messina ha diffuso una nota: “Ove venisse confermata l’esistenza di irregolarità formali, che non avrebbero assicurato, ancorché in astratto, il rispetto del principio di anonimato nelle operazioni di selezione dei candidati, l’Ateneo è pronto ad adottare misure drastiche nei confronti di tutti coloro che risulterà si siano resi responsabili o corresponsabili di tali violazioni”.