Tamburi di guerra, i segnali sono inequivocabili: la Francia e la Gran Bretagna hanno espresso l’avviso che non si possa chiudere gli occhi davanti alle stragi siriane. Un intervento umanitario, dunque. Le immagini di centinaia di uomini, donne e bambini uccise dal gas nervino mostrano una realta’ orrenda: la guerra civile in Siria ha raggiunto vette di crudelta’ indicibili. E’ lo scenario che anticipo’ l’intervento della Nato in Libia. Anche allora gli Stati Uniti mantennero un atteggiamento cauto rispetto a francesi e britannici, anche allora la ferocia dei combattimenti fra lealisti e ribelli provoco’ migliaia di vittime.
La “portaerei” della Nato e’ la Sicilia. E’ dall’Isola che partirebbero le azioni militari della Nato dirette verso la Siria. Non si ha notizia, tuttavia, di un “allerta” nelle basi aeree e navali dell’Isola, anche se nei mesi scorsi c’è stato un rafforzamento dei presidi militari americani con l’arrivo di un contingente di Marines e di una pattuglia di droni, esercitazioni a terra in varie location isolane.
In occasione dell’intervento in Libia la Nato insediò la cabina di regia a Napoli, ma quasi tutte le operazioni partirono dalla Sicilia, soprattutto dalla base aerea di Birgi. Furono giornate difficili, ma nessuno nell’Isola ebbe la sensazione che si rischiasse un coinvolgimento pieno e disastroso, con azioni di rappresaglia che, inevitabilmente, avrebbero potuto interessare l’area operativa.
Oggi le condizioni sono pero’ profondamente cambiate. La Nato non darebbe la caccia al rais siriano, cosi’ come fece con il colonnello Gheddafi, ma dovrebbe confrontarsi con nemici molto piu’ pericolosi ed agguerriti. L’Iran sostiene il regime siriano, che e’ a sua volta sostenuto dalla Russia e, in modo piu’ defilato, dalla Cina.
Ma c’e’ di piu’, oggi il Medio Oriente e’ una polveriera, che puo’ esplodere in qualunque momento, trasformandola in un teatro di guerra senza precedenti, le cui conseguenze non sono prevedibili.
La Sicilia e’ la “portaerei” meglio armata dell’Alleanza atlantica, il peso dell’eventuale azione militare ricadraebbe proprio su di essa. Dall’Isola partirebbero i droni, gli attacchi aerei e gli interventi di terra.
Sarebbe impossibile circoscrivere le operazioni milittari alla Siria.
Finora davanti alle coste siriane si sono stabilite unita’ della marina militare russa, mentre dal Libano e dall’Iran sono arrivati consistenti e determinanti aiuti al regime. La Tunisia destablizzata da crimini politici, la Libia dilaniata da guerriglie tribali, l’Egitto lacerato dalla guerra civile, l’Iraq tornato alle stragi quotidiane, il Libano scosso da attentati sanguinosi e dagli hezbollah “siriani”, fanno dello scacchiere mediorientale, una inquietante incognita.
L’Onu e’ paralizzato dai veti incrociati. La Russia non puo’ abbandonare il Mediterraneo, e’ l’ultima area di influenza che conserva e non intende mollarla. L’uranio arricchito per l’Iran viene dalla Russia, che puo’ contare sul sostegno della Cina. I cinesi sanno che il ritiro russo dal Mediterraneo aumenterebbe enormemente l’influenza occidentale, soprattutto americana, nell’area.
La presenza russa, inoltre, e’ legata a concreti interessi economici, il bacino energetico piu’ importante del mondo, il solo che possa competere con le risorse russe.
Gli Stati Uniti hanno annunciato di avere dato incarico ai Servizi segreti di indagare sull’uso del gas nervino e le stragi di bambini che hanno provocato la recente escalation militare nelle cancellerie europee. Le organizzazioni internazionali hanno confermato sia l’uso del gas quanto l’entita’ dei danni sofferti dalla popolazione civile.
Insomma, le carte sono a posto per l’intervento umanitario in Siria. Obama, pero’, ha tirato il freno a mano, perche’ – gli suggeriscono esperienza ed esperti militari – si sa come si comincia e non si sa come si finisce nel pantano mediorientale. Gli Usa non sono nemmeno nelle condizioni di “controllare” le scelte israeliane e turche, alleati difficili: la Turchia conosce anch’essa un periodo d’instabilita’ e sopporta il peso enorme dei profughi siriani (quasi due milioni); Israele e’ governato da un “debole” Netanieau, vittima delle sue pericolose contraddizioni (“apre” alla pacificazione con i palestinesi moderati e annuncia la costruzione di nuovi alloggi nell’area “di rispetto”).
Saranno le armi a fermare la ferocia dei contendenti e ridare serenita’ nel Medio Oriente? In caso di intervento della Nato, senza il viatico Onu, come reagiranno gli iraniani ed i russi? Spettera’ alla “portaerei” Sicilia “aggiustare” le cose? E che cosa rischia l’Isola dei marines, dei droni, delle basi aeree e navali?
Potrebbe trasformarsi in un “bersaglio” per ogni rappresaglia.
Sono domande che dovrebbero farsi a Roma e, anche a Palermo. Il silenzio sui venti di guerra fa paura.










