A Palermo non è solo una questione di monnezza, come a Napoli. Nel capoluogo siciliano si vive l’ansia dell’incendio di Bellolampo, una delle più grandi discariche d’Europa. Il Comune, la Protezione civile, l’Arpa, i Vigili del Fuoco si prodigano per evitare allarmi e limitare i danni, ma la gravità del disastro ambientale è sotto gli occhi di tutti dopo dieci giorni di fiamme nella collina dell’inferno. I cassonetti ed i cumuli di immondizia bruciati nella notte aggravano il livello d’inquinamento atmosferico, ma la collina a destare sgomento. Il lezzo che emana dall’area di Bellolampo è una spia della gravità delll’inquinamento, ma non l’unica. Gli esperti spiegano che molti agenti nocivi sono inodori e quando arriva il lezzo, vuol dire che il livello di guardia è superato.
Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha trasmesso agli organi d’informazione una nota molto dettagliata, nella quale tra l’altro si riferisce di una relazione dall’ARPA, dalla quale non vengono evidenziati danni alla salute dei cittadini. “Dall’esame dei dati provenienti dalla determinazioni dei Voc (Composti organici volatili derivanti dalla degradazione di materiali organici plastici e cellulosici) relativi ai campioni prelevati sul sito dell’incendio e nelle aree circostanti”, si legge nel documento dell’ARPA, “si evidenziano bassi livelli di concentrazione di composti clorurati (clrometano) che fanno presupporre livelli non elevati di diossine.”
Si può dormire su quattro guanciali? I livelli delle diossine sono bassi? L’Arpa avverte che “trattasi di analisi complesse che richiedono diversi giorni di esecuzione e, se eseguite su percolato atmosferico, richiedono la filtrazione di elevati volumi di aria, fino a 800 metri cubi”. Quindi non viene escluso nulla, allo stato.
La nota del Comune, inoltre, non appare rassicurante anche per altre ragioni: “Durante il sopralluogo di stamattina”, scrive il sindaco, “è stato possibile riscontrare l’assoluta mancanza di elementari condizioni di sicurezza per i lavoratori e di prevenzione degli incendi nella discarica”.
Non c’è da stare allegri, gli operatori in zona hanno corso rischi per mettere sotto controllo Bellolampo, e i dati fin qui raccolti non sono affatto esaustivi.
Il dottore chimico Gioacchino Genchi, funzionario regionale e componente del direttivo Cgil regionale, ha svolto indagini approfondite su Bellolampo, di recente, a proposito del progetto, poi annullato, di realizzazione di un inceneritore in loco. Genchi, ha studiato Bellolampo in una situazione normale ed in riferimento alla possibile localizzazione di un inceneritore di grandi potenzialità.
“La diossina, anche se inizialmente dispersa nell’ambiente”, osserva il perito chimico, “si accumula progressivamente nell’ambiente e prima o dopo ce la troviamo negli alimenti, in particolare nella carne, pesce, latticini, latte, compreso quello materno. Quindi sarebbe più corretto, egli suggerisce, ai fini della protezione della salute, valutare la quantità di diossina emessa nel tempo rispetto alla sua concentrazione nei fumi”.
Un rilievo di non indifferente utilità ai fini della valutazione del fenomeno. “Tenuto conto che, secondo i limiti dell’OMS, la quantità di diossina depositabile giornalmente su di un metro quadrato di terreno dovrebbe essere di circa 3.4 pg”, ragiona Genchi, “quella che sarebbe stata emessa dall’inceneritore di Bellolampo avrebbe avuto bisogno, per il rispetto di tale limite, di una superficie di oltre 295 km2” .
“La quantità di diossina”, puntualizza successivamente Genchi, “dipende dalle tonnellate di rifiuti inceneriti, quindi dal volume di fumi emessi. Nel caso dell’allora previsto inceneritore di Bellolampo (1650 ton/giorno) il volume sarebbe stato di m3 /giorno. Se l’impianto avesse rispettato il limite di legge di 100 pg/m3 la quantità giornaliera di diossina sarebbe ammontata a 1. pg. Tenuto conto che, secondo l’OMS, la dose giornaliera tollerabile per l’uomo è di 2 pg/kg, per un adulto di 70 kg si tratta di 140 pg. Pertanto, la quantità di diossina che sarebbe stata emessa giornalmente dall’inceneritore di Bellolampo sarebbe equivalsa alla dose tollerabile di di persone adulte, cioè più di 10 volte la popolazione della città di Palermo”.
Scampato pericolo, dunque, grazie al fermo “no” della Regione siciliana in questi ultimi tre anni? In qualche misura è così, ma sono sopravvenuti pericoli ben maggiori anche a causa dell’incendio (doloso) appiccato nella discarica.
“Se si considera che un inceneritore, dannoso per quanto sia, ha sistemi di abbattimento degli inquinanti, mentre l’attuale incendio emette inquinanti tal quali, le attuali concentrazioni di essi in aria e le ricadute sulla città di Palermo devono essere motivo di seria apprensione”.
“Nel caso del rogo a cielo aperto della discarica di Bellolampo, la situazione è stata ed è ben più drammatica”, afferma il chimico,”infatti, si deve tenere presente che la frazione di ceneri volanti (1940 pg/kg, cioè il 18.6 %) non intercettata da sistemi di abbattimento, può essersi andata ad aggiungere a quella presente in fase gassosa (150 pg/kg, cioè l’1.5 %) e in fase particellata (20 pg/kg, cioè lo 0.2 %) per un totale di 2110 pg/kg ovvero il 20.3 %.
“Per avere una stima di quello che è successo (o che sta ancora avvenendo) – avverte Gioacchino Genchi – sarà necessario conoscere quante tonnellate di rifiuti (migliaia, decine e decine di migliaia?) sono andate in fumo, almeno per ipotizzare quanto del particellato è ricaduto sulla testa dei palermitani e nelle aree limitrofe alla città. Altro che “solo” vapor d’acqua”.




















