Secondo la sentenza della sesta sezione penale non si può costringere i bambini a fungere da spettatori non volontari alle liti tra genitori sottolineando che “la violenza assistita” di cui i figli sono vittime può avere gravi ripercussioni nella crescita morale e sociale: così si è pronunciata sul ricorso presentato da una donna condannata insieme al convivente per avere litigato in modo violento davanti ai loro bimbi.
La donna aveva provato a chiedere l’annullamento della sentenza di condanna sostenendo che i figli non fossero stati “direttamente oggetto di aggressioni o soprusi, né di violenza psicologica», e non avessero mai manifestato «alcun segno di disagio familiare”, ma secondo la cassazione “i maltrattamenti inflitti da un coniuge all’altro in presenza dei figli possono condurre alla dichiarazione di decadenza dalla potestà genitoriale». La motivazione è legata alle «inevitabili ripercussioni negative sull’equilibrio fisiopsichico della prole e sulla serenità dell’ambiente familiare”.
Tuttavia la sentenza della Corte d’appello di Firenze è stata annullata. Non per l’infondatezza dell’accusa, ma perché la motivazione è stata giudicata “sommaria”, poiché non sarebbe stato verificato se effettivamente il rapporto estremamente conflittuale fra i genitori “abbia avuto valenza maltrattante e tale da produrre la condizione di afflizione”. Per confermare e motivare al meglio la sentenza sarebbe necessario un nuovo processo d’appello. Non fosse per i tempi del Tribunale, per cui il reato è ormai andato in prescrizione.