“Tutti i mafiosi sono peccatori: quelli con la pistola e quelli che si mimetizzano tra i cosiddetti colletti bianchi, quelli piu’ o meno noti e quelli che si nascondono nell’ombra”. Parole forti quelle contenute nella Lettera dei vescovi di Sicilia, intitolata “Convertitevi!”, a 25 anni dall’appello di Papa Giovanni Paolo II ai mafiosi nella Valle dei Templi, ad Agrigento. Oggi quel momento e’ stato ricordato con una solenne cerimonia nello stesso luogo in cui Papa Wojtyla grido’ ai mafiosi “Convertitevi! Una volta, un giorno, verra’ il giudizio di Dio”. La Lettera e’ stata presentata presso la chiesa San Nicola, ad Agrigento, da monsignor Salvatore Gristina, arcivescovo di Catania e presidente della Conferenza episcopale siciliana, insieme con il vescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, e il vescovo di Ragusa, monsignor Carmelo Cuttitta, rispettivamente vicepresidente e segretario della CESi. Ad introdurre i lavori e’ stato il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento. Poi e’ stata consegnata nel corso di una solenne messa nella Valle dei templi. Tutta la Conferenza episcopale siciliana ha rinnovato quell’appello nella Lettera, che prende in esame diversi aspetti della mafia, anche in rapporto alla fede e alla pieta’ popolare.
“Peccato – sottolineano i vescovi – e’ l’omerta’ di chi con il proprio silenzio finisce per coprirne i misfatti, cosi’ facendosene, consapevolmente o meno, complice. Peccato ancor piu’ grave e’ la mentalita’ mafiosa, anche quando si esprime nei gesti quotidiani di prevaricazione e in una inestinguibile sete di vendetta. Peccato gravissimo e’ l’azione mafiosa, sia quando viene personalmente eseguita sia quando viene comandata e delegata a terzi”. Secondo i vescovi siciliani le organizzazioni mafiose sono “strutture di peccato, … con i loro intrighi e i loro traffici si rivoltano contro la volonta’ divina”, producendo “la morte fisica, che le azioni mafiose causano dolorosamente tra gli esseri umani” e “la morte radicale, che rimarra’, nel momento supremo del giudizio di Dio, inconciliabile con la vita eterna”. “La mafia – sottolineano i vescovi – continua a esistere e a ordire le sue trame mortali, estendendole anzi, ormai da tempo, oltre la Sicilia, nel resto d’Italia e all’estero, procacciandosi ovunque connivenze e alleanze, dissimulando la sua presenza in tanti ambienti e contagiandosi a molti soggetti, sociali e individuali, che apparentemente ne sembrano immuni, trapiantandosi ovunque nel solco di una pervasiva corruzione”. Nella lettera i vescovi ribadiscono che “la mafia e’ peccato ed e’ incompatibile con il Vangelo. La mafia, precisano i vescovi, “si configura non solo come un gravissimo reato, ma anche come un disastroso deficit culturale e, di conseguenza, come un clamoroso tradimento della storia siciliana. Piu’ precisamente, come un’anemia spirituale. E, per questo motivo, anche come un’incrinatura fatale nella virtu’ religiosa, che finisce cosi’ per risultare depotenziata e travisata”.
“Anche fino a voi, fratelli e sorelle che vi trovate invischiati nelle paludi della mafia -, desideriamo prolungare l’eco del monito di san Giovanni Paolo II: ‘Convertitevi!’. A voi che siete stati i primi destinatari di quell’appello profetico ci rivolgiamo – aggiungono i vescovi -, con tono sereno e serio, per ribadirvi pure l’invito rivolto da papa Francesco, in un’udienza del 21 febbraio 2015, a chi come voi vive nel male e nel peccato: ‘Aprite il vostro cuore al Signore. Il Signore vi aspetta e la Chiesa vi accoglie'”. “In quest’ultimo appello dovete risentire cio’ che gia’ il beato Pino Puglisi diceva in una sua omelia del 20 agosto 1993, nella chiesa parrocchiale di San Gaetano, a Palermo: egli, rivolgendosi immediatamente ai mafiosi di Brancaccio e idealmente a tutti i mafiosi, vi ricordava che anche voi siete battezzati e, percio’, ‘figli di questa chiesa’: ‘Mi rivolgo ai protagonisti delle intimidazioni che ci hanno bersagliato. Parliamone, spieghiamoci, vorrei conoscervi e conoscere i motivi che vi spingono a ostacolare chi cerca di educare i vostri figli al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile’. Noi, pastori delle Chiese di Sicilia, facciamo nostre queste parole del martire don Puglisi e le ripetiamo a voi: accoglietele come un invito alla conversione e come un annuncio di speranza cristiana valido sempre e per tutti”. (ITALPRESS).