Indagati i migranti superstiti

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Una corona di fiori nel giorno delle polemiche. Mentre il Procuratore capo di Agrigento, Renato Di Natale, afferma che “la Procura non ha aperto nessun fascicolo su presunti ritardi nei soccorsi del naufragio di Lampedusa, perché non abbiamo finora notizie di reato”, i pescatori dell’isola escono in mare per rendere omaggio alle vittime della strage.

A bordo dei pescherecci il presidente del consorzio dei pescatori Salvatore Martello e altre decine di pescatori. Tra questi, anche Vito Fiorino, proprietario della barca ‘Gamar’, il primo a soccorrere gli immigrati dopo il naufragio avvenuto due notti fa: “Basta infangare i pescatori di Lampedusa – dice – non è assolutamente vero e non sarebbe possibile non dare l’allarme o fermarsi quando si vede un barcone. Anche la notte del naufragio, se qualcuno avesse visto il barcone in difficoltà, si sarebbe immediatamente fermato per dare l’allarme. Non capisco come faccia il sindaco Giusi Nicolini a dire una cosa simile, non so chi glielo ha riferito”.

“Noi non vogliamo essere eroi – dice – ma non è giusto che la Capitaneria continui a dire che ha salvato 155 persone: se non fosse stato per noi i morti sarebbero stati molti, molti di più. Soltanto su tre pescherecci abbiamo tirato su oltre 100 persone. Come fanno a dire che li hanno salvati loro?”. “Tra i 47 profughi che ho salvato nessuno ha detto che altri pescherecci erano passati senza fermarsi – afferma – anzi, non facevano che ringraziarci e abbracciarci”.

Fiorino è molto arrabbiato e ha ancora davanti agli occhi la scena delle decine di corpi che galleggiavano sull’acqua e di altri che si sbracciavano per essere aiutati. Tornando alla notte del naufragio, racconta: “Noi cercavamo con tutte le nostre forze di tirare su quanta gente possibile, invece sulla motovedetta della Capitaneria di porto c’era chi pensava a fare fotografie e video. Era difficile riuscire a farli salire a bordo perché ci scivolavano dalle mani”. Poi ribadisce quanto già denunciato nei giorni scorsi dal turista Marcello Nizza, tra i soccorritori di quella notte: “Noi portavmo su i profughi quattro alla volta, poi quando la mia barca era troppo piena e rischiava di affondare abbiamo chiesto alla Capitaneria di farli trasbordare e continuare con il salvataggio. Invece ci hanno rispoosto che non potevano perché dovevano aspettare il ‘protocollo’. Incredibile”. Fiorini, ancora arrabbiato e con la voce tremante, racconta le fasi del naufragio: “Erano le 6.30, forse 6.40 quando ho dato l’ordine di chiamare la Guardia costiera, ma loro sono arrivati alle 7.30.

Mentre la Capitaneria di porto respinge le accuse: “Nessun ritardo nei soccorsi” da parte della Guardia Costiera. Le operazioni di salvataggio ”sono scattate immediatamente, subito dopo che, intorno alle 7 del mattino, è stato dato l’allarme via radio”. ”Le motovedette della Guardia costiera che si stavano dirigendo sul posto si sono messe subito in contatto con l’imbarcazione più vicina al luogo del naufragio e hanno raccomandato di recuperare le persone finite in mare. Una volta giunte sul posto -viene precisato – le motovedette hanno a loro volta imbarcato quante più persone possibile”.

Nel naufragio la gran parte delle vittime sono donne. E‘ quanto emerge dai racconti fatti dai superstiti: dei 111 corpi recuperati, infatti, 49 sono donne mentre tra i 155 superstiti sono solo 4 le donne presenti. Secondo il racconto dei minori agli operatori di ‘Save the Children’, sul barcone c’erano centinaia di donne, molte delle quali mancherebbero all’appello. All’interno del relitto a 47 metri di profondità ci sarebbero almeno un centinaio di corpi incastrati. Corpi che anche oggi a causa delle condizioni del mare, non è stato possibile recuperare.

Quarantuno sono invece i minori sopravvissuti, conferma Filippo Ungaro di ‘Save the Children’: “I ragazzi sono tutti traumatizzati, 40 dei 41 sono soli e hanno affrontato il viaggio completamente da soli senza genitori, né parenti. Tra loro ci sono anche bambini di 11 anni, arrivano tutti dall’Eritrea”.

Superstiti e reduci da più di un trauma che da oggi, fatta eccezione per i minori, sono indagati per immigrazione clandestina, iscritti, come prevede la legge Bossi-Fini, nel registro degli indagati. A darne conferma è il procuratore capo di Agrigento, Renato Di Natale. “E’ un atto dovuto – spiega – non potevamo fare altrimenti”.

Una legge di cui da più parti si chiede la modifica. La presidente della Camera, Laura Boldrini questa mattina ha fatto visita ai155 superstiti nel Centro d’accoglienza di Lampedusa dove sono rinchiusi oltre 900 immigrati in una struttura che ne può ospitare non più di 250 in “condizioni indegne di un Paese civile”, ha denunciato Boldrini.

“Questo è il momento in cui le cose devono cambiare – ha scandito la terza carica dello Stato – . Spero che questa ennesima tragedia non venga sdoganata con qualche minuto di cordoglio. La politica dia seguito con misure legislative”. Secondo Boldrini ”dobbiamo capire la causa della grande fuga. Con le uniche misure repressive non risoveremo mai il problema. E’ illusorio pensare che chi fugge da guerra e povertà possa scoraggiarsi di fronte a misure di contrasto più dure”.

E dopo l’ennesima strage, anche da Parigi arriva una chiamata alla responsabilità dell’Europa. La Francia sollecita una riunione “rapida” dei Paesi europei sulla gestione delle frontiere marittime. Parlando a Metz due giorni dopo la strage di Lampedusa, il premier francese Jean-Marc Ayrault ha detto: “Al di la’ del dramma, al di la’ della tragedia, e’ importante che i responsabili politici europei ne parlino, velocemente, insieme”. “Sta a loro – ha aggiunto – riunirsi per trovare la risposta giusta, ma la compassione non basta”.

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1 commento

  1. Faccio i miei complimenti ai cittadini e sopratutto ai pescatori di Lampedusa che si sono comportati da veri eroi, avrei voluto essere li con loro per aiutarli, mentre, come sempre, la nostra classe politica è incapace a dare risposte concrete alla nazione, l’unica cosa che sanno fare bene i nostri politici è spartirsi incarichi e poltrone per se e per gli amici, mentre il paese inesorabilmente affonda nella crisi che è tutt’altro che finita.

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