
E’ affondato nel porto di Bengasi, in Libia, il motopesca Daniela L sequestrato da un gruppo di miliziani armati nell’ottobre 2012, in acque internazionali, a 38 miglia dalle coste libiche. La sequenza dei fotogrammi dell’affondamento e’ stata recapitata oggi da Bengasi al presidente del Distretto della Pesca e Crescita Blu, Giovanni Tumbiolo, che ha seguito la complessa vicenda.
Tumbiolo ha informato del fatto con una nota il presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni, sottolineando come si tratti “solo dell’ultimo atto di una guerra dimenticata, guardata talvolta dalle istituzioni come se fosse una guerra privata fra miliziani e questa comunita’ marinara che, colpita alle spalle persino dal fuoco amico di pezzi delle istituzioni, subisce e combatte da sola”.
La cosiddetta “guerra del pesce” negli anni ha provocato tre morti e 27 feriti, colpiti dal fuoco di militari di Paesi rivieraschi. Sono stati oltre 300 i pescatori prigionieri e detenuti nelle carceri dei Paesi nord africani di Libia, Tunisia, Egitto ed Algeria. Pesanti sono stati altresi’ gli oneri pagati per il riscatto degli oltre 150 pescherecci sequestrati dei quali 6 definitivamente confiscati, cui si aggiunge proprio il Daniela L. Un danno economico che gli esperti dell’Osservatorio della Pesca del Mediterraneo hanno calcolato in oltre 100 milioni di euro la perdita di oltre 4000 posti di lavoro.
La drammatica sequenza dei fotogrammi relativa all’affondamento, è stata
recapitata oggi da Bengasi al presidente del Distretto della Pesca e Crescita Blu,
Giovanni Tumbiolo (che dalle prime ore del sequestro ha seguito da vicino la
complessa vicenda).
Il numero uno del Distretto con una nota ha immediatamente informato,
trasmettendo le dolorose immagini, il presidente del Consiglio dei Ministri On.
Paolo Gentiloni.
Tumbiolo, con il sostegno della Farnesina e grazie alla sensibilità e
professionalità della Diplomazia italiana, è intervenuto a più riprese per la
liberazione dei pescatori e, con il sostegno della Regione Siciliana, per alleviare il
gravoso nocumento arrecato alle 30 famiglie direttamente legate all’attività del
peschereccio.
Ha pure rivolto ripetuti appelli alle competenti autorità nazionali della pesca al fine
di limitare il grave danno causato all’armatore dall’ingiusto sequestro. Ma la
leggerezza e la sciatteria di alcuni ambienti governativi hanno aggravato il danno
mettendo la società armatoriale a rischio di fallimento.
Nella nota a Gentiloni si legge:
“Questo, Signor Presidente, è solo l’ultimo atto di una guerra dimenticata,
guardata talvolta dalle istituzioni come se fosse una guerra privata fra miliziani e
questa comunità marinara che, colpita alle spalle persino dal fuoco amico di pezzi
delle istituzioni, subisce e combatte da sola”.
La cosiddetta “guerra del pesce” ha provocato negli anni 3 morti, 27 feriti colpiti
dal fuoco di militari di Paesi rivieraschi. Sono stati oltre 300 i pescatori prigionieri
e detenuti nelle carceri dei Paesi nord africani di Libia, Tunisia, Egitto ed Algeria.
Pesanti sono stati altresì gli oneri pagati per il riscatto degli oltre 150 pescherecci
sequestrati dei quali 6 definitivamente confiscati, cui si aggiunge oggi il Daniela L.
Un danno economico che gli esperti dell’Osservatorio della Pesca del
Mediterraneo hanno calcolato in oltre 100 milioni di euro e sociale con la perdita
di oltre 4000 posti di lavoro.