Me nannu aveva una cascitedda di ferri che era per me una tentazione massima. C’erano martello, chiodi, pinza, tenagghia, tinagghiuni, raffia, cacciavite, scarpeddu, livella, squatra, trapano a manovella tutto rosso bellissimo. Per me quella cascitedda era un sogno. Me nanno con me era zuccaro preciso, lo sapete perché ve l’ho presentato tante volle. Ma davanti a quel corredo di ferri diceva: io la lascio piedi piedi solo quando tu parti soldato. Ora io soldato non partii mai perché travagghiava e mi misi in carico la famigghia. Ma quando ci fu questa sicurezza (che non avrebbe partito) io era già granni e non c’era pericolo ca faceva danno coi suoi ferramenta.
Me nannu era uno che aggiustava le cose. Difficile che a so casa entrava un fontaniere, un anniraturi, un elettricista. Se c’era di aggiustare un piede di tavolino, iddu grapeva la sua cascitedda magica, studiava la situazione, disegnava perfino la riparazione e poi la faceva. Aggiustava e, certe volte, mia nonna, la nonna Mimì timida e chiesastra, ci diceva: “Pippinu ma chi c’aggiusti sta cosa vecchia. Sarbamula e poi ce la diamo per la Vampa di San Giuseppe”. Mi pareva un discorso che aveva la sua ragione e un giorno ce lo dissi: Nanno, secondo me a nonna avi raggione”.
Iddu mi taliò come se si aveva accorto in quel minuto secondo ca io era dda. Poi mi fici assittare sul bracciolo della sua poltrona preferita e mi disse. “Picciriddu mio, forse la seggia è di buttare. Ma tu devi pensare a quelli che non hanno nulla di buttare. Sono due categorie: quelli ricchi che hanno tutte cose nuove, e quelli morti di fame che non hanno niente, che assai assai, possono buttare i scorci ri favi, se non se li mangiano a tempi di pititto. Di cui noi siamo fortunati che abbiamno cose di buttare. E proprio per questo non le buttiamo, non so se mi spreco”. E iddu aggiustava e le cose duravano eterne. Ma è pure vero che tanno una seggia era una seggia non non scunucchiava solo perché la posavi in terra e ci acchianava a atta. Oggi invece buttiamo tutte cose. Ma c’è subito un mercato parallelo perché ci sono i rumeni che vanno firriando e cercano nei cassonetti le cose che noi buttiamo e che forse potevano stare un altro poco. Poi li vanno a vendere all’Albergheria nei fine settimana. Ma malgrado questo, un sacco di cose finiscono lo stesso a Bellolampo. Mi ricordo un romanzo sceneggiato nella telemusioine dove c’era uno spazzino della Stazione, quelli col bastone col punteruolo per prendere i mozzoni, che aveva trovato un portasigarette abbandonato su un vagone e ci menteva le sigarette smenzate che trovava a terra. E lui se le finiva di fumare. Erano i tempi in cui per 45 lire compravi cinque Nazionali spuse e te li davano nella bustina con la pubblicità delle lamette Bolzano. Oggi se entri in un tabbacchino e chiedi cinque sigarette, ti danno 50 centesimi e ti dicono: “Tieni, ma non ti fare vedere più che qua dobbiamo lavorare”. Che tempi!
A proposito di tempo: si aggiusta puru iddu senza bisogno di mio nonno. Domani sereno variabile ma più sereno che variabile con qualche nuvola ballerina, temperature infino a 22 gradi, poco vento di Maestrale e poi di Tramontana. E venerdì, pare, ancora meglio. Tante belle cose. Aggiustate.