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La partita della nazionale in fabbrica. Lo sciopero di Termini ha fatto notizia. Perché i siciliani pagano care le sciocchezze che fanno?

di Salvatore Parlagreco
20 giugno 2010 11:15
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fiat

La Sicilia e i siciliani fanno notizia, sempre. Basta che si girino sulla sedia e guardino dal lato sbagliato, ed ecco che qualcuno li fotografa ed è pronto a raccontare – con testo ed immagine - che stavano girandosi a sinistra nel momento in cui occorreva guardare a destra, perché era da quella parte che dovevano prestare attenzione.
Non è persecuzione, antipatia, pregiudizio: niente di tutto questo, l’informazione “divora” tutto ciò che è siciliano perché fa notizia. Ciò è trascurabile quando capita ad altri, diventa importante se capita ai siciliani. I quali godono di grande visibilità, a patto che facciano fesserie.
Sono incolpevoli, allora? No, non lo sono.
I siciliani, confessiamolo, una mano per guadagnare la prima pagina la danno volentieri: sono poco accorti, superficiali,  e quando si sentono accerchiati ed impotenti la loro intelligenza emotiva – relazionale, insomma – la comprensione dei fatti si allenta, subisce una pausa.


Non è solo questo, intendiamoci.
I piagnistei, l’assenza di un’etica della responsabilità robusta ( le colpe sono sempre e comunque tutte quante degli altri) e il vittimismo si sono radicati con forza; in più, i capintesta, magari scelti malamente, cercano con il lanternino tutte le volte che possono un capro espiatorio, un colpevole “esterno”; siccome  hanno il dovere di fare alcune cose e non le fanno, costruiscono un comodo alibi. Se non ci sono soldi, le colpe sono di chi non li manda, se i rifiuti ammorbano l’aria la responsabilità va cercata “fuori”; se l’autonomia non dà vantaggi, la colpa è del centralismo statale. Si trama contro la Sicilia ed i siciliani.
Quando non si trova il colpevole nei paraggi, lo si cerca nei meandri della storia, quella trita e ritrita, che ha le sue pecche, le sue bugie, le turlupinature di cui farsi perdonare per via di personaggi immeritatamente portati sull’altare, ma non ha proprio nulla a che vedere con gli scontri all’arma bianca che impediscono, per esempio, all’Assemblea regionale siciliana, di affrontare con compostezza e buonsenso, gli enormi problemi che l’Isola ha da secoli. Se non ci sono modi utili per giustificare gli indecenti litigi fra comari nelle istituzioni, si tira fuori dal cilindro il lato oscuro della storia, si processa il padre della patria per le sue attitudini al delitto, perché fa notizia. Portare sul banco degli imputati, attraverso la macchina del tempo,  un signore defunto due secoli fa, placa gli animi esacerbati e fa parlare d’altro.
Mezzucci comunicazionali per gonzi, pensate; e invece, no, si tratta di strumenti che vengono dissotterrati come asce di guerra per ottenere l’applauso facile e sfuggire dalle proprie responsabilità. Se ci fate caso, questi personaggi con il pelo sullo stomaco lungo un metro, accusano, denunciano, protestano per fatti, episodi, comportamenti negativi, sbagliati, intollerabili. Ci sono uomini ed episodi della storia dei siciliani che meriterebbero il diritto alla buona memoria, uomini e donne che credettero nella “rivoluzione”, nell’Italia (che c’era già, come cultura, lingua, tradizioni comuni) e nell’unità e trovarono nel loro spirito libertario, il coraggio, la forza, la volontà di spendersi e rischiare la vita per mandare a casa i borboni ed il loro regime dispotico.
Che sia finita diversamente da come pensavano e che i Borboni fossero o meno, migliori o peggiori dei piemontesi, è altra cosa: migliaia di siciliani hanno combattuto e meritano rispetto, perciò vanno ricordati con gratitudine. Ma questo non fa notizia, come non fanno ancora oggi notizia i siciliani che danno il meglio di sé in ogni parte del mondo, nelle grandi cose e  nelle piccole avventure quotidiane.
Portare sul banco degli imputati il padre della patria per fare notizia, dunque, non è un esercizio senza conseguenze: i siciliani oggi non hanno esempi da seguire, modelli di comportamento cui fare riferimento, una identità in cui riconoscersi. L’accerchiamento aumenta, la solitudine si aggrava, la brutta opinione sulla classe dirigente e i cittadini che la scelgono si radica ancora di più.
Lasciamo da parte la storia, dunque, dopo averla ben studiata ed appresa, perché senza le radici siamo foglie in balia del vento. Occupiamoci dell’oggi, piuttosto.
Da che parte stava l’opinione pubblica italiana, e non solo, quando Marchionne, l’amministratore delegato della Fiat, ha raccontato che nello stabilimento di Termini Imerese avevano proclamato uno sciopero di due ore per vedere la partita della nazionale italiana in Tv?
Ma come, si è detto e scritto, stanno perdendo il posto di lavoro, lo stabilimento è sul punto di chiudere, si respira un’atmosfera di tragedia, si chiede solidarietà e loro sospendono il lavoro in fabbrica per la partita?
Marchionne se l’è presa con il sistema Italia, con i sindacati, con un sacco di gente che ha le mani in pasta, accusando a destra e manca, non solo Termini. Ha detto che qualunque di essere costretto a parlare con decine di persone prima di accordarsi su qualsiasi cosa. Come dargli torto in questo caso?
Lui non ha vissuto la Fiat che dispone, fa e sfa quello che gli pare in Italia, suggerendo al governo che è meglio fare le autostrade piuttosto delle ferrovie, o che bisogna incentivare l’industria automobilistica perché “traini” lo sviluppo del Paese. Il tempo delle vacche grasse, su cui la Fiat ha fatto le sue fortune, è finito da qualche tempo. Marchionne non rappresenta il padrone che spilla quattrini dalle risorse pubbliche, rappresenta una multinazionale che deve investire dove meglio conviene. Ingiusto? Certo, ma nell’ottica dell’a.d. della Fiat è sacrosanto ed è inutile girarci attorno perché è così.
La storia è questa, piaccia o no. Il fatto che i due maxi schermi per vedere la partita fossero stati prima promessi e poi non concessi, avrebbe fatto incazzare chiunque in qualsiasi parte d’Italia, ma non al punto da cadere nella trappola mediatica di uno sciopero di due ore proclamato in concomitanza della partita di calcio. Provocazione studiata? Fosse così, ci sarebbe da stare male, fisicamente intendo, per la modesta considerazione che si avrebbe dei siciliani in fabbrica.
Ora bisogna ricominciare da capo, convincere tutti che a Termini Imerese si fanno automobili con diligenza e competenza. Non è difficile, ma sarebbe stato meglio non doverlo fare. Coloro che hanno proclamato lo sciopero non ne avevano conoscenza, ma ai siciliani la prima pagina, quando c’è qualcosa di storto, non la nega nessuno. 
 
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Anonimo 21 giugno :28
L'utente ha risposto al commento anonimo del 21 giugno 2010. Visualizza »

CONDIVIDO PAROLA PER PAROLA, PERFINO LE PAROLE NON DETTE!

non comprate macchine fiat

Anonimo 21 giugno :19
L'utente ha risposto al commento anonimo del 21 giugno 2010. Visualizza »

I siciliani hanno un grande torto, quello di cercare (in Sicilia) sempre le scorciatoie, cercando di farsi spalleggiare dal potente di turno. Questo vizio è tanto vecchio quanto la storia della Sicilia o meglio della Magna Grecia di cui la Sicila è parte.

I Siciliani (con l'iniziale maiuscola) che non hanno cercato le scorciatoie, con dignità ed onestà sono andati a cercare lavoro (vero) altrove, a Mirafiori, ad Arese, a Worlsburg, a Stoccarda, a Monaco ovvero in quei posti dove i "panzaparata" politici non contavano un tubo.

La Sicilfiat è stata una illusione, merce di scambio fra una azienda furbastra ed una classe politica ladrona.  I lavoratori della Fiat di Termini, sono caduti nel tranello, ordito da Marchionne & Co. per trovare l'opportunità per squalificare degli onesti lavoratori (con qualche vizietto).

Oggi ha ragione la FIOM , che non accetta un altro baratto o meglio un altro ricatto, ma i lavoratori devono ricordarsi che qualunque cosa possa accadere in futuro, la globalizzazione è il vero nemico dei lavoratori italiani e le bucce di banana su cui scivolare sono sempre pronte, c'è chi ha per mestiere quello di cercare di fare scivolare gli altri.

Non parliamo poi di quei citrulli che si sono riuniti a Pontida sperando che la Lega Nord, difenda i posti di lavoro a Mirafiori.

Anchè lì è pronto lo stesso ricatto della Sicilfiat,  travestito e con le corna padane e lo spadone di Alberto da Giussano, solo folklore per rincoglionire i beduini padani che non si rendono conto che la globalizzazione fotterà pure loro!

CONDIVIDO PAROLA PER PAROLA, PERFINO LE PAROLE NON DETTE!

Anonimo 21 giugno :16

Complementi Direttore per la precisa lettura degli avvenimenti e le conseguenze prodotte..

L'imprenditoria in questi anni è andata avanti e avendo avuto la fortuna di partecipare ad alcune riunioni a Milano con consulenti aziendali di un certo livello, vi posso confermare che per alcuni settori, la strada è già tracciata da tempo mentre fuori dal tempo sono gli interventi politici (assoluta incompetenza nel settore) o dei sindacati (si loro sono proprio fuori dal tempo..) risultano spesso ridicoli, scontati e di consistenza tecnica nulla.

Diciamo considerazione in una eventuale trattativa .. nulla.

Se a questo aggiungiamo anche l'ipotetico "tranello" della partita, si rivelano tutti i limiti nel dovere gestire  una situazione di crisi o addirittura intraprendere iniziative a trovare soluzioni comuni. 

Lo spirito di persecuzione noi siciliani lo abbiamo innato e sottolineo questo pur condividendo alcuni eccessi di focalizzare negativamente su un territorio e su un popolo che potrebbe rappresentare una piccola nazione, poiché trovare alibi (e su questo il Direttore Parlagreco ha sottolineato bene l'effetto) non fa che peggiorarne la situazione, creare quel sistema per cui è impossibile "cambiare" qualcosa in Sicilia poiché "LORO" hanno deciso così. E questo atteggiamento o mentalità persiste nel popolo comune o tra l'élite dove appunto i ricorsi storici servono a giusto richiamo e comprova di un limite di intervento e soluzione del problema.

Si l'orgoglio può fare la sua parte ma ben poca cosa se devo sponsorizzare la garanzia di un posto di lavoro che nel privato non esiste e nel pubblico "deve"  essere un atto dovuto, tralasciando come si possa essere entrati in alcune liste di precari.. o in alcuni comparti dove l'esubero rasenta il limite dell'accettazione, dove devi difendere l'indifendibile, dove i casi di impegno ed abnegazione al lavoro sono in percentuale inferiore e quindi purtroppo soffrono della globalizzazione (/anche qui)  di trovare una soluzione ahimé  politica collettiva. 

Come puoi accettare che se 20 anni fa in un comune di circa 10.000 abitanti (senza computer..) lavoravano dai 30 ai 40 dipendenti, oggi ce ne vogliono 100/120. Il budget di un comune oggi serve solo a pagare gli stipendi dei dipendenti e per i servizi, le scuole ed altro, si rimanda a tempi migliori. Qualunque sforzo viene chiesto al cittadino è diretto a garantire  gli stipendi di impiegati comunali, vari ATO etc etc. Il miglioramento dei servizi, cioè la giusta evoluzione e conquista sociale, si va a benedire. 

Allora, non esistono soluzioni??

Beh, non dovremmo essere noi commentatori a rilevarlo (come giustamente mi ha indicato un amico commentatore qualche giorno fa..)  ma come cittadini abbiamo il dovere e la responsabilità di farlo attraverso i nostri rappresentanti (cioè LORO) che scegliamo coscientemente.. e che quindi se ci accorgiamo del danno che subiamo, dobbiamo scegliere con più dignità, quella che merita un evento che determina la nostra rappresentanza. Se i una riunione importante (anche quella di condominio) in mia assenza cerco di scegliere il migliore che possa rappresentare i miei punti di vista,l non vedo perché non dobbiamo fare lo stesso per il voto democratico che è il momento più alto della mia espressione etica, civile che determini il livello di cultura che mi piace presentare nel contesto in cui si decide il futuro di un popolo e dove si amministrano "soldoni" che riguardano anche la mia tasca. 

Se si crea una linea guida e quindi un punto di riferimento con un obiettivo da raggiungere concretamente e delineare un  orizzonte colmo di iniziative atte a realizzare un cambiamento dal vecchio sistema senza futuro, allora qualche  cosa di positivo  comincerà a prospettarsi, in caso contrario, scriveremo tante altre pagine di assuefazione storica e di una mentalità chiusa a guardarsi intorno in mezzo ad un mare senza fine ..

 

Un caro saluto

MX

 

Anonimo 20 giugno :47

i sicilianuzzi

non hanno inventiva, spirito organizzativo, spirito imprenditoriale.

 

sono figli della mentalità che cerca sempre di scavalcare il prossimo

e la corsia preferenziale.

 

bleah.

Anonimo 20 giugno :57

I siciliani hanno un grande torto, quello di cercare (in Sicilia) sempre le scorciatoie, cercando di farsi spalleggiare dal potente di turno. Questo vizio è tanto vecchio quanto la storia della Sicilia o meglio della Magna Grecia di cui la Sicila è parte.

I Siciliani (con l'iniziale maiuscola) che non hanno cercato le scorciatoie, con dignità ed onestà sono andati a cercare lavoro (vero) altrove, a Mirafiori, ad Arese, a Worlsburg, a Stoccarda, a Monaco ovvero in quei posti dove i "panzaparata" politici non contavano un tubo.

La Sicilfiat è stata una illusione, merce di scambio fra una azienda furbastra ed una classe politica ladrona.  I lavoratori della Fiat di Termini, sono caduti nel tranello, ordito da Marchionne & Co. per trovare l'opportunità per squalificare degli onesti lavoratori (con qualche vizietto).

Oggi ha ragione la FIOM , che non accetta un altro baratto o meglio un altro ricatto, ma i lavoratori devono ricordarsi che qualunque cosa possa accadere in futuro, la globalizzazione è il vero nemico dei lavoratori italiani e le bucce di banana su cui scivolare sono sempre pronte, c'è chi ha per mestiere quello di cercare di fare scivolare gli altri.

Non parliamo poi di quei citrulli che si sono riuniti a Pontida sperando che la Lega Nord, difenda i posti di lavoro a Mirafiori.

Anchè lì è pronto lo stesso ricatto della Sicilfiat,  travestito e con le corna padane e lo spadone di Alberto da Giussano, solo folklore per rincoglionire i beduini padani che non si rendono conto che la globalizzazione fotterà pure loro!

Anonimo 20 giugno :54

Complimenti per l'articolo, riguardo alla situazione di Termini Imerese, dispiace immensamente che una realta' cosi' importante in Sicilia si destianata a chiudere, con relative consaguenze per dipendenti ed indotto, ma volevo ricordare che la sudetta fabbrica si è sempre distinta da anni per un tasso di assenteismo nettamente superiore alla media delle altre, per non parlare poi della percentuale di difetti ed imperfezioni risulatante dalle auto prodotte in quello stabilimento.

Quindi altro che convincere tutti che a Termini Imerese si fanno automobili con diligenza e competenza, purtroppo anche in questo caso, noi Siciliani, con i nostri pregi, ma in questo caso soprattutto difetti, ritengo che siamo gli artefici del nostro destino.

 

Gabriele Miele.

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