Fichera
(Come Gaetano Fichera, matematico, docente universitario)
Il cognome deriva dal mestiere di venditore o coltivatore di fichi esercitato dal capostipite o dal fatto che la sua famiglia abitasse nei pressi di una grossa concentrazione di alberi di fichi (ficheto o fichereto). Fichera, nel linguaggio dialettale siciliano e calabrese, indica un albero di fichi.
Fichera è diffuso in tutte le regioni italiane: Sicilia, Lombardia, Piemonte, Lazio, Liguria, Veneto, Toscana, Friuli, Campania, Calabria, Emilia-Romagna, Puglia, ecc. In Sicilia ha molte frequenze soprattutto nel catanese (Catania, Acireale, Giarre, Aci Catena, ecc.), nel messinese (Messina, Taormina, San Fratello, ecc.), nel siracusano (Augusta, Siracusa, Melilli, ecc.), nell’ennese (Catenanuova, Centuripe, Regalbuto, ecc.), nell’agrigentino (Canicattì, Naro, Licata, ecc.)
Riferimenti storici e personaggi – Fichera o Fighera fu una nobile famiglia di Acireale della quale si ricorda un Antonio che nel 1670 ebbe il titolo di barone di Villanova e un Vincenzo Fichera che ebbe la carica di acatapano (alto ufficiale) nobile di Acireale nell’anno 1756/57.
GAETANO FICHERA (Acireale 8/2/1922-Roma 1/6/1996) – matematico, professore decano dell’Università di Roma “La Sapienza”. Laureatosi a soli 19 anni con lode, nel 1949 aveva vinto il concorso per la cattedra di Analisi presso l’Università di Trieste; qui insegnò fino al 1956 quando venne richiamato all’Università di Roma per ricoprirvi dapprima la cattedra di Analisi matematica e, successivamente, quella di Analisi superiore. Nei suoi più di cinquant’anni di attività egli diede un grande contributo alla ricerca e all’insegnamento superiore della matematica, in Italia e, in particolare a Roma, presso l’Istituto Matematico “Guido Castelnuovo”. La sua produzione scientifica, ricca di 226 lavori e di 18 libri (fra trattati, corsi di lezioni e monografie) è rivolta a numerosi settori dell’Analisi e delle sue applicazioni. Gaetano Fichera fu membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei (da cui aveva ottenuto il prestigioso “Premio Feltrinelli” nel 1976), dell’Accademia Nazionale delle Scienze (detta dei XL) e di numerose accademie scientifiche internazionali. FRANCESCO FICHERA (Catania 16/6/1881- 1/6/1950) – architetto e ingegnere catanese; dal 1914 fu docente presso l’Università di Catania, autore di numerosi scritti su Luigi Vanvitelli, e Giovan Battista Vaccarini; fu allievo di Ernesto Basile. Sue opere: Villa Miranda a Catania (viale XX Settembre 64), Villa Simili (corso Italia), villa Scannapieco a Catania (via Duca degli Abruzzi), Cinema Olimpia (piazza Stesicoro), Palazzo delle Poste di Catania, palazzo delle Poste di Siracusa, ecc. GAETANO FICHERA (Catania 8/3/1880 – Milano 21/5/1935), medico patologo, insegnò Patologia generale e Patologia chirurgica presso le università di Roma, Cagliari, Messina, Pavia. Nel 1928 a Milano assunse la direzione dell’Istituto Nazionale “Vittorio Emanuele III” per lo studio del cancro, istituto voluto da Luigi Mangiagalli. Qui giunse a formulare una teoria patogenetica dei tumori che chiamò “dottrina dello squilibrio oncogeno” e, successivamente, una terapia antitumorale di tipo biologico che definì “chemioterapia istogena dei tumori”. FILADELFO FICHERA (Catania 1850/1909), ingegnere, architetto, si occupò del piano di risanamento igienico di Catania colpita dal colera del 1866. Realizzò il Giardino Bellini di Catania e, in qualità di direttore dell’Ufficio tecnico del comune, completò il cimitero della città etnea.
Patanè
(come Giuseppe Patanè, direttore d’orchestra napoletano)
Patanè è un cognome epanghelmatico (cioè significante mestiere) e deriva dal greco moderno μπατανία – πατανία (patanìa) con il significato di “coperta grezza”; probabilmente si riferisce al mestiere del capostipite, che confezionava coperte. Questo cognome potrebbe derivare anche da denominazione dialettale dei toponimi Aci Platani (CT), Acquaviva Platani (CL), San Biagio Platani (AG).
Il cognome è diffuso in poco più di trecento comuni in gran parte siciliani; presenze meno numerose sono in Lombardia, Lazio, Liguria, Piemonte, Toscana, Veneto, Emilia-Romagna, e nelle altre regioni italiane. In Sicilia è molto frequente nella fascia orientale, nel catanese (Catania, Giarre, Acireale, ecc.), nel messinese (Messina, Giardini Naxos, Gaggi, ecc.), nel siracusano (Avola, Siracusa, Augusta, ecc.), ma è presente anche nelle rimanenti province. Ha come variante Patane (senza accento finale), forma sicuramente originata da un errore di trascrizione della prima.
Riferimenti storici e personaggi – La famiglia Patanè di Messina, con Carlo e suo fratello Francesco, nel 1905 ebbe riconosciuto il titolo di barone di San Martino e venne iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana. Mons. CARMELO PATANE’ di Giarre (XIX-XX secolo) – arcivescovo di Otranto e poi di Catania (dal 7 luglio 1930 al 3 aprile del 1952). GIUSEPPE PATANE’ (Napoli 1/1/1932-Monaco di Baviera 29/5/1989) – Noto direttore d’orchestra italiano, proveniva da una famiglia con tradizioni musicali illustri: il padre era stato direttore d’orchestra di rango internazionale, il nonno materno leggendario direttore della banda musicale di Napoli. Giuseppe Patané a 19 anni esordì come direttore con una “Traviata” in cui il protagonista maschile era Beniamino Gigli, poi la sua carriera prese il volo, negli anni sessanta, con rapporti di collaborazione fissa con la Deutsche Oper Berlin e con la Wiener Stratsoper, poi con tutti i grandi palcoscenici lirici internazionali dove era considerato uno dei direttori più esperti e apprezzati della sua epoca. Morì fulminato da un infarto sul podio del Nationaltheater di Monaco, mentre si accingeva ad iniziare una recita de “Il Barbiere di Siviglia”. FRANCESCO PATANE’ (Acireale 1/6/1902 – 21/6/1960) – pittore, scultore, incisore; fu artista silenzioso e schivo, per oltre mezzo secolo la sua presenza fu attiva nel campo della pittura, scultura, restauro, sbalzo in rame ed incisioni. Fu attivo nella città natale, dove lasciò alcuni lavori per la navata centrale della cattedrale e per la Basilica di San Sebastiano[1], a Piedimonte Etneo[2] e ad Aci San Filippo[3].
Castorina
(come Domenico Castorina, scrittore catanese)
Castorina, Castorino, Castorini dovrebbero derivare da soprannome dialettale basato sul termine arcaico “casturinu”, un tipico panno di lana usato per ripararsi dai rigori invernali o notturni nei pascoli, forse ad intendere che i capostipiti fossero pastori.
Castorina è cognome tipicamente siciliano, del catanese (Catania, Acireale, Aci Castello, Giarre, Aci Catena, Gravina di Catania, ecc.) con rilevanti frequenze anche nel messinese (Messina, Taormina, Giardini Naxos, ecc.) e nel siracusano (Siracusa, Lentini, ecc.); qua e là, inoltre, è presente nel palermitano, nell’ennese, nel ragusano, nell’agrigentino. Oltre che in Sicilia, i Castorina sono noti in Lombardia, Piemonte, Lazio. Toscana e in alcune altre regioni italiane.
Riferimenti storici e personaggi. Castorina fu una famiglia assai antica e illustre, e proveniva dalla Polcevera di Genova: un Antonio Castorina fu capitano di una galea sotto l’ammiraglio Pagano D’Oria nel 1354; Luca Castorina ebbe la carica di Anziano nel 1454, Antonio nel 1490. La famiglia fu ascritta nel 1528 nella Consorteria dei Gentile. DOMENICO CASTORINA (Catania 27/1/1812 – Torino 21/3/1850), scrittore; fu mandato a studiare a Torino a spese del Comune dal 1843 al 1845; lì divenne amico di letterati come Angelo Brofferio e Giovanni Prati. La sua opera più importante fu il racconto “I tre alla difesa di Torino nel 1706” pubblicato nel 1847 e proposto da Antonio Abate come lettura all’allievo Giovanni Verga. Fu anche autore di un grandioso poema epico in 20 mila versi e in ben quattro tomi, dal titolo “Cartagine distrutta”, del poema “Napoleone a Mosca”, dei canti lirici “Nuova Grecia” e dell’ode “In morte del re Carlo Alberto”.
Guastella
(come Cosmo Guastella, filosofo e docente universitario)
Guastella dovrebbe derivare da un soprannome probabilmente originato dal termine dialettale “guastedda” o “vastedda” o “uastedda”, che corrisponde ad un particolare formato di pane a forma circolare del peso di un kilo o più; potrebbe avere origine normanna e derivare dal vocabolo francese “gastelier” (= pasticciere), forse ad indicare che i capostipiti esercitassero il mestiere di fornai o pasticcieri. Altri affermano che Guastella potrebbe essere composto da “gua” (qua, avverbio di luogo) e “stella”(dal greco “stelle”, che significa luogo, posto dove stare, soggiornare): “qua stelle” per dire, “qui si soggiorna”, e indicare che i capostipiti fossero degli albergatori (cfr. retaggio.it). Il cognome ha nuclei familiari in tutte le regioni italiane (Lombardia, Lazio, Piemonte, Toscana, Veneto, Campania, ecc.), ma è in Sicilia che il cognome deve essere nato: qui lo troviamo con consistenti frequenze nel ragusano (Ragusa, Vittoria, Santa Croce Camerina, ecc.) nel catanese (Mazzarrone, Catania, Caltagirone, ecc.), nel palermitano (Palermo, Misilmeri, Terrasini, ecc.), nell’agrigentino (Alessandria Della Rocca, Cianciana, Santo Stefano Quisquina, ecc.), nel siracusano (Noto, Siracusa, Rosolini, ecc.), nel trapanese (Alcamo, Calatafimi, Marsala, ecc.)
Riferimenti storici e personaggi. I Guastella, interpretarono “stella” come la stella del cielo: il loro stemma familiare è perciò composto da uno scudo azzurro e una mano che esce dal mare per indicare una stella in cielo. (cfr. retaggio.it). Un dottor Francesco Guastella nel 1677/78 ebbe la carica di sindaco di Caltagirone e, nel 1685/86 quella di senatore; un Antonino Guastella fu capitano di giustizia nella stessa città negli anni 1697/98/99.Con privilegio del 6 agosto 1784 fu concesso a Matteo Guastella il titolo di barone di Piano del Grillo, titolo che, con decreto ministeriale del 16 luglio 1900, venne riconosciuto ad Ernesto Teodoro Guastella, nato in Chiaramonte Gulfi l’11 aprile 1838. Gaetano Guastella, barone, e Ignazia Guastella, nobile dei baroni, vissero nella prima metà del secolo XX. La famiglia Guastella risulta iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana e nell’Elenco Ufficiale Nobiliario Italiano del 1922.
COSMO GUASTELLA (Misilmeri 28/1/1854 – Palermo 11/9/1922), filosofo, capostipite del fenomenismo, la teoria secondo cui non abbiamo a che fare con la realtà com’è in se stessa ma soltanto con la realtà quale ci appare. Insegnò al Liceo “Garibaldi” di Palermo e poi ad Acireale. Fu professore di filosofia morale e tenne la cattedra di filosofia teoretica all’Università di Palermo. Fra le sue opere vanno ricordati: “Saggi sulla teoria della conoscenza” in tre volumi, “Filosofia della metafisica” in due volumi, “Le ragioni del fenomenismo” in tre volumi. Il Comune di Misilmeri gli ha intitolato la locale scuola secondaria di 1^ grado.
SERAFINO AMABILE GUASTELLA (Chiaramonte Gulfi 6/2/1819 – Ragusa 6/2/1899), antropologo, uno dei più attenti studiosi di tradizioni popolari siciliane: dell’uomo siciliano esaminò gli usi, le superstizioni, la miseria, la fatica, le precarietà, mettendo in risalto la sua spietata saggezza. Ebbe una forte passione per la letteratura; lesse a fondo gli autori dell’epoca, da Manzoni a Dumas, da Caterina Percoto a Victor Hugo e fece i suoi primi esperimenti poetici scrivendo di tutto: romanzi, melodie, lamenti, satire, canzoni, inni, ecc.