C’erano una volta gli umoristi. Letterati raffinati capaci di strappare il sorriso anche ai più seriosi col gioco di prestigio delle parole, le perifrasi argute e scoppiettanti, le battute fulminee, i doppi sensi mai volgari, il nonsense, il gusto del paradosso.
Achille Campanile divertiva trasfigurando la realtà quotidiana con rappresentazioni surreali spesso generate da equivoci sulle parole (che confusione tra “minerale” e “naturale” nell’esilarante pièce “L’acqua minerale”) e, negli anni ’20 del secolo scorso, disegnava figure stralunate, quali “il pensatore” (“Ma che cos’è questo amore?”), che assai più tardi avrebbero ottenuto la ribalta televisiva grazie alle trasgressioni di Renzo Arbore. La leggerezza calviniana di Giovannino Guareschi con l’antagonismo tra Don Camillo e Peppone coglieva lo spirito dell’Italia del Dopoguerra come non sarebbero riusciti a fare un esercito di sociologi. Giuseppe Marotta si tuffava nel cuore della Napoli popolana ricca di umanità e di bonaria saggezza ironica. Cesare Zavattini, prima di dedicarsi al cinema contribuendo in modo determinante alla nascita e all’affermazione del “Neorealismo”, regalava la sua comicità intrisa di malinconia (“Parliamo tanto di me”, “I poveri sono matti”) che più di tutte si avvicinava alla concezione pirandelliana dell’umorismo.
E di umoristi di qualità, riconducibili al filone letterario dei Campanile, Guareschi, Marotta, Zavattini (ma anche Mosca e Manzoni), abbondava pure la Sicilia. A Catania Massimo Simili (sua la boutade “L’Italia è un paese fondato sul lavoro altrui”), a Enna Umberto Domina, due nomi oggi ingiustamente dimenticati che, nel ventennio che va dagli anni ’50 agli anni ’70, spadroneggiavano nella “scuderia” Rizzoli con romanzetti frizzanti e densi di ilarità, non di rado ammiccanti realtà sociali del tempo come il galoppante consumismo.
E nella Sicilia occidentale v’era spazio per gli umoristi? Sì, soprattutto per un palermitano sagace e sottile che per quarant’anni ha lavorato al “Giornale di Sicilia”, Nino Martinez.
Nino Martinez il 5 novembre compie 90 anni e, a dimostrazione che i proverbi non sbagliano (“il riso fa buon sangue”), ne dimostra almeno venti di meno. Continua a scrivere, si sposta regolarmente in città e fuori città con la macchina, è sempre pronto a fulminarti con una battuta delle sue. Negli anni ’60 e ’70 la sua rubrica sul più diffuso quotidiano dell’isola, “Specchi concavi”, era un appuntamento da non perdere per tantissimi lettori che inondavano la redazione di lettere entusiaste. Negli “Specchi concavi” Martinez ritraeva gustosi quadretti familiari che richiamavano, per il contenuto e per lo stile semplice e accattivante, il migliore Guareschi. Successivamente, negli anni ’80 e per parte degli anni ’90, gli “Specchi concavi” furono sostituiti dai corsivi, più corrosivi e graffianti, della rubrica “Ridiamoci su”.
Martinez ha dato alle stampe diversi romanzi e raccolte di racconti, a partire da “Aristide, l’allievo cronista” (Flaccovio), opera giovanile in cui si intravedeva il talento umoristico, a “Una moglie così” (Rusconi, collana Humorlibri), a “Il placido On” (La Fiera), a “Vocabolario per turisti antipatici (Lauricella), a “Bianco e nero” (Lauricella).
Nella metà degli anni ’70 ha collaborato come redattore capo alla breve ma indelebile esperienza del foglio umoristico-satirico palermitano “Il pettegolo” e alla fortunata trasmissione radiofonica, diretta tra gli altri da Umberto Domina, “L’aria che tira”. Oggi Martinez, a novant’anni, tira dritto per il secolo di vita; di una vita sempre assistita dal dono dell’umorismo.
Caro Nino,
vorrei porgerti un mio libro. Hai cambiato domicilio?
Salvatore Battaglia
Caro Nino,
molti auguri affettuosi,
Salvatore Battaglia