Dopo il fallimento del Governo Lega- Cinque stelle, da parte di quest’ultima forza politica si è ventilata l’ipotesi di una messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica per alto tradimento e attentato alla Costituzione.
Mattarella, secondo i sostenitori dell’Impeachment, non facendo andare al Governo una forza politica che era stata votata dalla maggioranza degli italiani, avrebbe scavalcato le sue prerogative costituzionali rendendosi appunto colpevole di alto tradimento (violazione dolosa della costituzione) e attentato alla costituzione (violazione del giuramento di fedeltà alla Repubblica). Ma quando ricorrono, secondo la nostra Costituzione, queste ipotesi? Il Presidente della Repubblica gode di una irresponsabilità politica mentre non gode di una irresponsabilità penale per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni. Egli infatti può essere messo sotto accusa dalle Camere in seduta comune e giudicato dalla Corte Costituzionale per due reati che non trovano riscontro nel codice penale e cioè, come si è detto, per attentato alla Costituzione e alto tradimento.
Il Presidente della Repubblica e i ministri quindi non possono essere messi sotto accusa per gli errori che possono commettere nello svolgimento della loro attività politica (come avveniva per lo impeachment inglese) ma esclusivamente per reati di cui si fossero resi colpevoli e in particolare, per quanto riguarda il Presidente della Repubblica, per i due reati summenzionati quand’è che si può parlare di attentato alla Costituzione? Secondo i maggiori costituzionalisti, non ogni violazione dolosa di una norma costituzionale può configurarsi come attentato alla Costituzione ma tale fattispecie potrà configurarsi soltanto in presenza di una violazione di tale natura e gravità da essere in grado di sovvertire la Costituzione nei suoi principi istituzionali o di alterare il normale funzionamento del sistema di governo previsto dalla costituzione stessa. L’alto tradimento si configura ogni qualvolta ci si trovi in presenza di una violazione dolosa del giuramento di fedeltà alla Repubblica e alle sue istituzioni e quindi è da ravvisare in tutti quegli atti che attentino alla sicurezza dello Stato La richiesta di messa in stato di accusa dovrà preliminarmente essere vagliata da una Commissione interparlamentare che potrà, con ordinanza, disporre l’archiviazione della denuncia. Compita l’istruttoria, la Commissione, ove non ritenga di proporre al Parlamento la messa in stato di accusa delibererà di non doversi procedere. In caso contrario trasmetterà la relazione al Parlamento. Come prevede il regolamento parlamentare per i procedimenti d’accusa, la deliberazione del Parlamento in seduta comune per mettere sotto accusa il Presidente della Repubblica, deve essere adottata a maggioranza assoluta dei componenti del Parlamento. Tale deliberazione deve contenere l’indicazione degli addebiti e delle prove su cui l’accusa si fonda e ciò sia per garanzia dell’imputato, sia per l’esigenza di informare l’opinione pubblica degli elementi raccolti a carico dell’imputato. In sostanza, con la messa sotto accusa, il Parlamento in seduta comune, può equipararsi al pubblico ministero che nel processo ordinario esercita l’azione penale. Le Camere, nel deliberare lo stato di accusa eleggono tra i loro componenti uno o più commissari che dovranno sostenere l’accusa e che esercitano le funzioni che in un normale procedimento vengono svolte dal pubblico ministero. Nel dibattimento che si svolgerà dinanzi alla Corte Costituzionale i commissari funzionano collegialmente ma le funzioni sono delegate dal collegio ad uno di essi.
Per quanto riguarda la pena da irrogare nel caso in cui dovesse essere accertata dalla Corte Costituzionale la ricorrenza di uno dei due reati ascritti al Presidente della Repubblica, l’art. 15 ella L.cost. 1953 stabilisce che la pena potrà oscillare fino al massimo previsto dalle leggi vigenti, quindi in astratto fino all’ergastolo. Le decisioni adottate dalla Corte Costituzionale non possono essere impugnate dinanzi la Corte di Cassazione per la considerazione che la Corte Costituzionale si pone al di fuori della organizzazione dell’ordine giudiziario. E’ tuttavia possibile il giudizio di revisione dinanzi la stessa Corte Costituzionale nel caso in cui, dopo la condanna, sopravvengano o si scoprano nuovi fatti o nuovi elementi di prova che rendono evidente che il fatto non sussiste o che il condannato non lo ha commesso.