Il cordone ombelicale della Sicilia con gli USA. Dallo sbarco al Muos

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Il romanzo Operazione Lure (Navarra Ed.) di Salvatore Parlagreco è un romanzo di fantapolitica ambientato ai giorni d’oggi in cui si immagina un referendum per stabilire se i siciliani vogliano restare uno stato Usa, la 49sima stella Stati Uniti d’America, come era avvenuto alla fine della seconda guerra mondiale, o vogliano ritornare ad essere italiani. Il romanzo è l’occasione per indagare su un passato che secondo l’autore è stato rimosso facilmente, la Sicilia del dopoguerra in cui si realizzò una alleanza tra mafia siciliana ed americana.

Operazione Lure, tuttavia, sebbene di fantapolitica, è quanto mai attuale non essendo le istanze indipendentiste ancora oggi del tutto abbandonate.

Come è noto Cosa nostra, dopo la repressione operata dal governo fascista, ricomparve in Sicilia nel 1943 alla vigilia dell’occupazione alleata. Ed è un fatto accertato che nell’organizzare la sbarco in Sicilia gli alleati si avvalsero dei rapporti tra mafiosi italiani o italo americani che erano nel loro territorio e mantenevano frequenti contatti con i servizi segreti americani, e mafiosi che erano nel territorio siciliano per preparare il terreno per lo sbarco.

Lucky Luciano, uno dei capi della mafia americana di origine siciliana, detenuto negli Stati Uniti venne contattato per saggiare la sua disponibilità a favorire lo sbarco alleato. Quale contropartita per la collaborazione prestata Lucky Luciano venne espulso dagli USA venendo in Italia dove soggiornò a Napoli. Numerosi altri mafiosi detenuti in Usa vennero fatti arrivare in Italia per collaborare con i boss siciliani.

Secondo quanto accertato dalla prima commissione antimafia i boss mafiosi espulsi dagli Usa nell’immediato dopoguerra furono 65. A loro vennero affidati dagli alleati dei compiti che di fatto servirono ad attribuire alla mafia la prima forma di legittimazione finalizzata ad un ben preciso disegno, consentirle di esercitare una rilevante e spesso decisiva influenza sulla politica e sui cittadini. Il senatore Kefauver nel suo rapporto conclusivo dell’inchiesta della Senate Crime investigatory committee parlò esplicitamente del coinvolgimento di Lucky Luciano con il quale erano intervenuti quindici o venti incontri durante i quali Luciano aveva fornito determinate informazioni.

La fattiva collaborazione della mafia fece si che lo sbarco alleato si concludesse senza scontri tra gli schieramenti contrapposti e senza perdite umane. Una ulteriore forma di legittimazione della mafia venne certamente dalla protezione che il governo alleato conferì, soprattutto subito dopo lo sbarco, al movimento separatista che intratteneva stretti rapporti con la mafia. Ciò trova riscontro in un documento del 21 novembre 1944 del consolato americano a Palermo avente ad oggetto “Riunione di capi della mafia con il generale Castellano e la formazione di gruppi per favorire l’autonomia sotto la direzione della mafia”.

In altro documento dell’11 gennaio 1944, l’Ufficio dei Servizi Strategici osservava che la confluenza di settori della mafia nel movimento indipendentista aveva rafforzato tanto i separatisti quanto i mafiosi. Significativo è il fatto che il boss mafioso don Calogero Vizzini partecipò al primo convegno regionale clandestino dei separatisti che ebbe luogo a Catania il 6 dicembre 1943 e come si mostrarono apertamente indipendentisti altri boss mafiosi come Gaetano Filippone, Paolino Bontate e Genco Russo. E il generale dei carabinieri Amedeo Branca in suo rapporto riservato scriveva come il movimento separatista agrario e la mafia siciliana avessero fatto causa comune e che i capi di tale movimento, tra i quali don Lucio Tasca, dovevano identificarsi per lo più con i capi della mafia nell’isola.

Una ulteriore legittimazione derivò alla mafia dal fatto che vennero collocati ai vertici delle amministrazioni comunali sia politici separatisti ma anche autentici mafiosi come Calogero Vizzini, nominato sindaco di Villalba, e Genco Russo, nominato sindaco di Mussomeli. Addirittura il boss della mafia italo americana Vito Genovese prestava servizio presso il quartiere alleato di Nola.

Ed ancora ulteriore legittimazione venne alla mafia dal fatto che i grandi latifondisti siciliani, per contrastare le rivendicazioni dei contadini, affidarono ai gabelloti mafiosi il controllo dei campi. Ad esempio Luciano Leggio, malgrado colpito da mandato di cattura per gravissimi reati divenne gabelloto del feudo Strasatto. Allorquando il separatismo entrò in crisi, alcuni capi separatisti istituirono una organizzazione militare EVIS ( esercito volontario per l’indipendenza della Sicilia) alleandosi con bande di fuorilegge tra cui quella del famoso Salvatore Giuliano.

Per quanto riguarda quest’ultimo, senza volere entrare nella vicenda che ancora oggi presenta dei lati oscuri, si può dire che la sua morte, avvenuta 65 anni fa fu la prima trattativa repubblicana Stato-mafia e che Giuliano venne sacrificato sull’altare della ragion di Stato per dare alla mafia, in funzione anticomunista, una legittimazione politica. I mandanti dell’omicidio, come è stato osservato, vanno ricercati in quell’area grigia nella quale si realizza un compromesso tra poteri dello Stato, potenze internazionali anticomuniste e criminalità locale.

Nella relazione antimafia di maggioranza del 1976 si faceva riferimento a centrali straniere che avrebbero armato Giuliano. In un rapporto dell’ottobre 1947 del Dipartimento di Stato americano si fa rifermento all’agente Frank Gigliotti dei servizi strategici in Italia che avrebbe cercato di riattivare la banda come strumento per la lotta al comunismo e ben 50 generali per preparare un colpo di stato in Italia.

Si può dire che lo sbarco degli alleati, costituì, a mio avviso, l’inizio di una politica di compromesso tra mafia e alcune frange della politica, compromesso che ancora ai giorni nostri non è venuto meno.

Ma per tornare alle istanze di indipendenza della Sicilia e degli interessi che potevano esserci dietro tali istanze, va ricordato che nel 1945, il giornalista nordamericano Drew Pearson sostenne che le fila del separatismo siciliano erano nelle mani del governo di Londra. Il giornalista mandò al New Daily Mirror 200 mila cartoline che erano state distribuite in Sicilia, cartoline che invocavano l’indipendenza dell’isola e che avevano impressa la bandiera degli Stati Uniti con la scritta “Sicilia quarantanovesimo stato”.

Il comando americano fece allora una inchiesta accertando che le cartoline erano state stampate ad Algeri per opera di agenti inglesi. Sostenne sempre il giornalista che a seguito della capitolazione dell’Italia, l’Inghilterra era entrata in possesso di Lampedusa e Pantelleria e che per completare il suo programma di basi di sicurezza e di predominio nel mediterraneo, mirava all’occupazione della Sicilia sostenendo e fomentando il separatismo siciliano. Naturalmente il Foreign office dichiarò che si trattava di una accusa ridicola e d’altra parte non c’era certo da aspettarsi che ammettesse l’intrigo. Tuttavia il leader del movimento separatista (MIS) Andrea Finocchiaro Aprile scriveva che la privazione di libertà e l’odio del governo italiano verso il movimento separatista facevano desiderare che gli Stati uniti e l’Inghilterra rioccupassero militarmente l’sola.

Non è senza rilievo il fatto che Finocchiaro Aprile era il sostenitore di un progetto legato più che alla mafia, alle sue origini massoniche e ai contatti con le logge statunitensi e agli interessi USA per una maggiore presenza nell’isola.

Fautore del separatismo e di una Sicilia che si stacchi dall’Italia è il noto politologo Edward Lutwak il quale, in una recente intervista rilasciata a Enrico Deaglio, parla di una Sicilia liberata dall’Italia. Le sue affermazioni proprio perchè provengono da un personaggio qualificato ed esperto di politica internazionale, contengono delle considerazioni sulle quali riflettere e non possono essere considerate come pure e semplici elucubrazione o vaneggiamenti

Dopo avere sostenuto che in America c’è qualcuno che si sta occupando a tempo pieno della Sicilia, Lutwak evidenzia la pesante crisi finanziaria e sociale che attraversa la Sicilia e non possa essere lasciata dall’America in balia di una Italia che affonda.

Lutwak descrive il crollo dell’economia siciliana, ricorda le migliaia di morti affogati nel canale di Sicilia, dell’emergenza rifugiati tra Lampedusa e il Cara di Mineo, il discredito che ormai investe gli uomini della legalità e dell’antimafia. Parla ancora di un centro destra senza idee e di un Pd dilaniato da scandali arresti sconfitte. E descrive una Sicilia di fannulloni, di forestali di mantenuti, di vitalizi, della corruzione. Non lesina critiche anche alla Procura di Palermo che, a suo dire, cito testualmente, andrebbe alla ricerca di patti scellerati tra Stato e mafia. Ebbene, se questo è il quadro, dice Lutwak, i siciliani si riuniscano in assemblea e dichiarino la loro separazione da Roma.

Le affermazioni di Lutwak sono meno campate in aria di quanto sembri. Come si è detto furono gli americani sbarcati in Sicilia nel 43 ad appoggiare il movimento separatista salvo ad abbandonarlo allorquando si creò un rapporto strettissimo tra la Sicilia e gli USA e ciò in quanto l’ordine, che prima era garantito dalla mafia, fu garantito dal sistema dei partiti, in primo luogo la Dc, da Gladio, dalle basi militari e dal rapporto strettissimo tra mafia siciliana e Cosa nostra americana. A quest’ultimo proposito basta ricordare come nell’immediato dopoguerra molti mafiosi americani, come ad esempio oltre Lucky Luciano, Joe Adonis, Frank Coppola e numerosi altri, si trasferirono in Italia dedicandosi al traffico di stupefacenti verso il nord america entrando in contatto, per tale traffico, con esponenti mafiosi palermitani e trapanesi. Ed ancora, episodi significativi dell’alleanza che si istaurò tra mafia siciliana e mafia americana furono i summit che nel 1957 si tennero presso il Gran Hotel des Palmes di Palermo tra mafiosi americani e siciliani, incontri che avevano come finalità la gestione del traffico di stupefacenti.

La stessa idea di creare una commissione sul modello di quella esistente in Cosa Nostra americana e della quale dovevano fare parte tutti i capi dei mandamenti della provincia di Palermo, fu suggerita, come dichiarò Tommaso Buscetta, dal mafioso siculo americano Joseph Bonanno in occasione di una sua presenza a Palermo.

Con una Sicilia liberata dall’Italia, l’isola, dice Luttwak , non sarà più governata dalla mafia, dalla politica, dai Calogero Sedara, ma dai siciliani veri, compresi i nobili, come ai tempi di Federico II. E di nuovo stupirà il mondo. Interessante il riferimento alla mafia che non governerà più se si considera che molti fatti di mafia avvenuti in Sicilia, da Portella della Ginestra ai giorni d’oggi, potrebbero avere la loro origine e radice negli StaiUniti.

Deaglio, l’intervistatore, afferma che la dichiarazione di indipendenza siciliana del professor Lutwak ha un tratto surreale. Io credo però che bisognerebbe comprendere il vero significato delle affermazioni del Lutwak e se lo stesso abbia inteso inviare un messaggio e in questo caso a chi e soprattutto per conto di chi parla. Le sue affermazioni appaiono comunque inquietanti se si considera tra l’altro che certamente è a conoscenza della esistenza di numerosi gruppi indipendentisti che operano in Sicilia anche se scollegati tra loro.

Non bisogna poi dimenticare che alla fine degli anni settanta vi furono in Sicilia movimenti separatisti forse anche armati, in contrapposizione tra loro, alcuni finanziati dagli Stati Uniti d’America altri dall’allora leader libico Gheddafi, tutti con lo stesso obiettivo: l’indipendenza della Sicilia. Nulla accade per caso. Co si chiede se abbia uno scopo e quale esso sia alimentare in questo particolare momento politico la voglia di indipendenza da sempre innata nei siciliani.

Ricordiamo d’altra parte, che tra le motivazioni della venuta di Sindona in Sicilia nel 1979 con l’aiuto della mafia e della massoneria, potrebbe esserci stata l’intenzione di Sindona di organizzare la separazione della Sicilia dall’Italia, progetto questo che, come riferito da Jopseph Bonanno , avrebbe incontrato anche l’appoggio di Washington e in Sicilia della massoneria e della mafia. La separazione sarebbe stata il primo passo per la lotta al comunismo.

Quanto fin qui ho detto dimostra l’attualità del tema trattato da Parlagreco nel suo libro, che attraverso i protagonisti indaga sugli enigmi i misteri e i misfatti di un passato che riguarda la Sicilia del dopoguerra e la vicenda del separatismo, un tema che oggi, sia pure timidamente sembra essere tornato di attualità.

Parlagreco nel suo libro ha cercato di rispondere al quesito su quanto diversa sarebbe la Sicilia da quella che conosciamo se fosse stato accolto l’appello degli indipendentisti siciliani agli Stati Uniti. La risposta a questo quesito il lettore potrà averla soltanto leggendo il libro. Un’opera interessante ed originale che va certamente letta.

 

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