L’uniforme piace ai giovani neodiplomati, sempre di più anche alle ragazze. Aumentano infatti ogni anno le domande per le accademie militari. Lo scorso anno per i 140 posti messi a disposizione dall’Accademia più antica, quella dell’Esercito a Modena, hanno fatto domanda in 7.989 tra cui 1651 donne che l’anno precedente sono state 1478. Per quella dell’Aeronautica militare a Pozzuoli, a fronte di 81 posti disponibili le domande nel 2017 sono state oltre 5.000 di cui 1311 donne, erano 998 l’anno precedente. In lieve calo, invece, le domande per l’accademia Navale dove, le 6.185 domande del 2016, di cui 1433 donne, nel 2017 diventano donne).
”E’ un trend che negli ultimi tre o quattro anni ci ha confortato, le domande per l’accademia militare dell’Esercito, che offre mediamente 140 posti l’anno, sono sempre superiori alle otto mila”, rileva con l’Adnkronos il generale Claudio Mora, sottocapo dell’Esercito Italiano. ”Il perché – spiega – può essere la somma di vari fattori. Sicuramente l’istituto è prestigioso, è il più antico istituto di formazione militare del mondo, offre la certezza di una carriera importante in un ambito in questo momento di assoluta rilevanza. Quelli che oggi entrano come allievi saranno i comandanti che domani dovranno partecipare alle operazioni per la sicurezza sul territorio nazionale, alle operazioni per la stabilità e la pace nel mondo: quindi è sicuramente una carriera affascinante per molti ragazzi a cui piace quel pizzico di avventura che fa parte della componente della nostra professione”.
Ad amare le stellette sono sempre più le donne. Nell’esercito è presente un 6/7%. ”Quest’anno – prosegue l’alto ufficiale dell’Esercito – abbiamo raggiunto un record: su circa 8.100 domande 1800, circa il 22%, erano da parte di personale femminile. Il perché credo sia insito nella forza armata che non discrimina. Per noi non è importante che ci sia l’uomo o la donna ma è importante il soldato, l’ufficiale o il sottufficiale. Siamo stati i primi a non aver escluso le donne dai ruoli di combattimento cosa che altre nazioni come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti stanno cercando di introdurre ora e vengono da noi a capire come abbiamo fatto. Noi non ci siamo assolutamente posti il problema, a noi quello che interessa è la capacità, non interessa il sesso”.
Sempre coerente con il panorama politico e sociale il percorso universitario militare ”è un percorso più complesso rispetto a un piano di studi normale perché deve muovere in due direzioni – sottolinea Mora – quella dell’etica e della morale e della capacità culturale e professionale”.
Ogni piano di studi tiene conto dei mutamenti internazionali. Ad esempio, davanti alla crescente minaccia terroristica globale ai giovani ufficiali dell’Arma sono stati introdotti, fra le varie discipline, lo studio del diritto canonico, con cenni allo studio della storia e del diritto islamico. Materie necessarie a comprendere meglio la cultura e i popoli con i quali i militari vengono a contatto durante le missioni internazionali nelle quali l’Italia partecipa. ”Il nostro allievo – chiarisce il sottocapo dell’Esercito – è sottoposto a stress superiore rispetto ad un normale studente perché deve compendiare un percorso universitario che lo porta a una formazione culturale e militare che mira a creare il soldato prima e il leader dopo”. A questo scopo sono stati creati ”percorsi molto flessibili ai quali partecipano anche studenti di altri nazioni che si integrano perfettamente ai nostri”.
Specifici per le esigenze di ogni forza armata i percorsi formativi universitari militari si differenziano a seconda della specificità delle forze armate: Esercito, Arma dei carabinieri, Aeronautica e Marina. Ma ciò che caratterizza un cadetto non è la formazione culturale quanto quella etico-morale.
”Il cadetto deve essere un grande professionista ma prima ancora deve avere una morale ed etica molto forti. L’etica deve essere la base del giovane soldato e del futuro leader – sottolinea il generale Mora – Questi allievi, futuri ufficiali, un domani saranno al comando delle unità, saranno dei leader che non opereranno solo all’interno della nazione ma anche al di fuori e quindi devono essere sempre pronti a rispondere a qualsiasi esigenza con grande flessibilità e con intelligenza”. (Per/AdnKronos)














