"Il tempo ha dimostrato tutta l'importanza della collaborazione di Tommaso Buscetta, grazie al quale e' stato possibile capire il modello organizzativo di Cosa nostra". Lo dice all'ADNKRONOS il senatore dell'Idv che e' stato anche avvocato difensore di 'don Masino', del quale il prossimo 2 aprile ricorrono i dieci della scomparsa. "Non solo ha consentito di individuare livelli di responsabilità" dell'organizzazione criminale "ma ha anche di accertare la collusione con la politica e diverse sentenze hanno confermato le sue ricostruzioni".
Quella di Buscetta e' stata la stagione che ha inaugurato il
{}Ricordare il decennale della scomparsa di Tommaso Buscetta per esaltarne il ruolo nella lotta alla mafia lascia invero perplessi. Le ragioni sono molteplici. La prima, e la più importante, è che Buscetta ripeté, pressoché pedissequamente, quanto aveva già riferito Leonardo Vitale alla magistratura ed alla polizia. Se si fosse creduto a Leonardo Vitale, sarebbero scampati alla morte decine di servitori dello Stato. Tutto ciò che disse Vitale, lo ripeté Buscetta che, peraltro, non aveva il polso della situazione in Sicilia. Rimase a lungo in Sud America lontano dall’Italia. Aveva perciò notizie di seconda e terza mano.
{}Sui legami fra politica e mafia, inoltre, Buscetta fu molto reticente. Raccontò ciò che sapeva a rate, cosa che oggi non gli sarebbe stato concesso di fare. Questa rateizzazione delle rivelazioni ha indubbiamente nuociuto alle indagini e reso difficile il lavoro di Giovani Falcone che pure seppe utilizzare al meglio la volontà di collaborare di Buscetta.
{}Sulla figura e l’opera di Buscetta – Li Gotti ne parla come di un anniversario da commemorare – sarebbe meglio stendere un velo. Buscetta aveva tante cose da farsi perdonare, commise azioni turpi, e ottenne protezioni oltreatlantico delle quali poco si sa e quel poco, in modo confuso.
{}La collaborazione con lo Stato gli regalò la libertà, per i suoi trascorsi burrascosi non pagò quasi nulla. Inoltre, è bene ricordarlo, non rinnegò né la sua appartenenza alla mafia né la mafia, ma giudicò la nuova mafia indegna di questo nome o qualcosa di simile, lasciando immaginare che ci fosse una mafia buona, quella che lui avrebbe rappresentato, ed una cattiva, quella dei suoi nemici, che cercò di combattere con l’aiuto dello Stato.
{}Ricordarlo come un uomo chiave nella lotta alla mafia, dunque, è sbagliato, profondamente sbagliato. Furono magistrati, poliziotti e carabinieri che combatterono, e combattono, la mafia. Buscetta si schierò con loro perché era un uomo bruciato e non contava niente. Morto che cammina, dicono negli States.
{}Fu sbagliato servirsene? Niente affatto. Fu utile la sua collaborazione? Sì, lo fu. Ma tutto deve finire qui. Che il senatore voglia indicarlo alle nuove generazioni come un eroe è davvero troppo.
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Alla domanda se il merito vada anche all'azione delle forze dell'ordine e dei magistrati che, a giudicare dai numeri dei latitanti arrestati, sembrano aver decimato i vertici delle organizzazioni più pericolose, Li Gotti suggerisce cautela: "E' vero che i magistrati e le forze dell'ordine hanno continuato a lavorare e che i risultati sbandierati dal governo sono buoni. Però, attenzione a dire che quello che si sta facendo ora non ha precedenti: intanto, a suo tempo, vennero assicurati alla giustizia calibri come Riina, Bagarella, Aglieri, Greco; inoltre, bisogna tenere presente il fenomeno 'dell'antimafia interna alla mafia', ossia dei giovani che puntano a scalzare i vecchi".
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