Benedetto XVI non gode di buona salute. La sua malattia non è la vecchiaia, ma un tumore allo stomaco, la cui gravità sarebbe nota soltanto a pochi. L’età avanzata avrebbe concesso al Pontefice un decorso lento al male inguaribile ma sul suo esito non ci sarebbero dubbi. La diagnosi infausta risalirebbe a qualche anno fa, ma solo quattro mesi or sono di essa si è parlato anche al di là del Tevere.
Se questa voce fosse veritiera, ed allo stato niente permette di confermarla, il complotto delittuoso non esisterebbe: l’assassinio di papa Ratzinger sarebbe frutto di una interpretrazione sbagliata, forse volutamente sbagliata, del delatore che ha redatto il documento in lingua tedesca finito sulla scrivania del Papa, dopo essere passato dalle mani del cardinale colombiano Castrillon Hoyos.
Il brano della lettera confidenziale che profetizza la morte di Benedetto XVI entro dodici mesi e la sua probabile successione con il cardinale Angelo Scola, infatti, non addebita al cardinale di Palermo, Paolo Romeo, la conoscenza delle cause della morte del Papa. Il delatore trae questa convinzione - che a provocare la morte del Papa non possa che essere un complotto delittuoso - dalle omissioni di Romeo e non dalle sue parole. Avendo indicato un arco di tempo ben definito all’esistenza in vita del Pontefice, il cardinale di Palermo avrebbe indotto l’autore della nota confidenziale a sospettare l’attentato. Altrimenti come farebbe Romeo ad essere così sicuro? La congiura sarebbe una inevitabile deduzione suggerita dalle certezze e dalla fermezza con cui Romeo avrebbe riferito ciò che sapeva nei suoi colloqui riservati a Pechino.
Il delatore descrive la sorpresa e lo sconcerto degli interlocutori nell’apprendere che il Pontefice è in pericolo di vita. Se fosse stata riferita la causa della morte, l’ipotesi del complotto non avrebbe ragione di esistere.
Ma c’è dell’altro: il documento arrivato al Papa e inviato in fotocopia a “Il Fatto Quotidiano” non riferisce solo le parole di Paolo Romeo, descrive anche le impressioni suscitate nelle persone incontrate dal cardinale di Palermo. Le impressioni degli interlocutori potrebbero essere in realtà quelle che il delatore ha creduto di dovere raccontare, in buona fede o cattiva fede. Il delatore mette insieme ciò che avrebbe appreso, direttamente o indirettamente, traendone personali convinzioni. Da qui l’origine del presunto attentato alla vita del Papa.
Insomma, il cardinale Romeo avrebbe soltanto riferito ciò che in Vaticano pochi sanno, che la salute del Papa non è affato buona e che il decorso del male, pur lento, potrebbe non consentire al Pontefice di vivere più di un anno.
Se fosse stato inventato tutto di sana pianta, anche l’informativa sulle previsioni di Paolo Romeo, l’impatto sarebbe stato identico rispetto a un documento veritiero, perché la premessa, la malattia grave del Papa, sarebbe vera. E su questo potrebbe avere contato il delatore.
Seguendo questa logica, Paolo Romeo sarebbe stato “usato” per aggravare la tensione, già esistente, nella curia di Roma e scombinare i piani per la successione a papa Ratzinger. Ci sarebbe, dietro lo scandalo cinese, la volontà di demolire l’attuale organigramma del potere del Vaticano, già provato per le accuse “pubbliche” di corruzione da parte di Carlo Maria Viganò, responsabile del governatorato del Vaticano, spedito a Washington due mesi or sono dopo le denunce.
Si cerca in queste ore di costruire una ipotesi attendibile per spiegare la “lettera confidenziale”. Averla liquidata, dopo lo scoop de “Il Fatto Quotidiano”, come “farneticazioni”, una bufala, non ha avuto successo. Il Vaticano conferma l’esistenza del documento, ma respinge ogni parola del suo contenuto
La riservatezza del Vaticano non aiuta a ricostruire un clima migliore. C’è ora l’imbarazzo della scelta sui moventi “multipli” dell’attentato mediatico. Si va dal tentativo di “bruciare” l’eventuale visita del Papa in Cina, a quello di “smascherare” la successione di Ratzinger con Angelo Scola, arcivescovo di Milano; dal boicottaggio dei rapporti Vaticano-Cina, ad una pista siciliana suggerita da forti interessi cinesi nell’Isola, alla defenestrazione di Tarcisio Bertone, accusato (con Papa Ratzingzer) di lasciare troppo spazio a coloro che gestiscono in modo disinvolto gli affari della Chiesa.
Negli ultimi mesi, tuttavia – e questo contraddice l’accusa di debolezza e eccessiva indulgenza - proprio Papa Ratzingher è apparso molto risoluto in questioni chiave, come le attività finanziarie del Vaticano, passate di recente nelle mani delle banche tedesche, le regole e i controlli antiriciclaggio: decisioni che sembrano dare risposte alle denunce di Carlo Maria Viganò, e testimoniare una volontà ferma di imprimere una svolta all’opacità di alcuni settori.
Basterebbe uno solo dei moventi, la successione a Ratzinger in tempi brevi, per spiegare il clima inquietante che si respirerà Oltretevere. Anche la presunta grave malattia del Papa potrebbe essere destituita di fondamento e perciò nient’altro che uno strumento della strategia della tensione in atto.
Una fonte indispensabile di informazioni statistiche. Consulta l'intero archivio o esegui una ricerca.
Consulta l'intero archivio o esegui una ricerca.