In anni in cui è acceso quanto mai il dibattito sulle condizioni di lavoro nelle grandi aziende e nelle multinazionali, regredite in molti casi all’epoca pre-tayloristica, la memoria giunge in soccorso riportando a tempi in cui la ricorrenza liturgica dell’Epifania, la Befana insomma, era occasione nelle grandi organizzazioni per manifestazioni che rivelavano come ancora esistesse un lato umano delle “relazioni industriali”.
Grandi fabbriche, banche, aziende pubbliche in ogni parte del Paese vivevano per un giorno l’esperienza della “Befana aziendale” allestendo al proprio interno o presso cinema o teatri scelti per l’occasione scenografie adatte accogliere in un clima familiare i figli dei dipendenti per i quali erano stati predisposti doni di ogni genere.
Era l’unico giorno dell’anno in cui le gerarchie erano messe da parte ed i regali erano dello stesso valore sia per la prole dei dirigenti che per quella degli altri dipendenti.
L’evento era preparato con grande anticipo e con cura scrupolosa da solerti impiegate (sic !) e, talvolta, era aperto da un fervorino del direttore locale, molto attento ad esaltare il valore della solidarietà tra colleghi e quello dell’azienda come “una grande famiglia” tanto inflessibile nel rispetto delle regole, quanto benevola nel momento del bisogno e pronta a venire incontro alle necessità delle famiglie dei dipendenti.
In quell’occasione si annodavano tra i bambini ed i ragazzi amicizie che si sarebbero consolidate durante le iniziative estive delle colonie, dei viaggi all’estero. In molti casi quelle amicizie sarebbero diventate rapporti di colleganza, sovente dopo il pensionamento del genitore e, qualche volta, persino amori duraturi.
Forze dell’ordine, Esercito, Ferrovie dello Stato, Poste, Vigili Urbani, Pompieri, banche ed aziende pubbliche e private di diversi settori tenevano l’ elenco aggiornato dei figli dei dipendenti, attente a depennare quanti avessero oltrepassato la soglia fatidica, in genere dodici anni, dell’età in cui il beneficio cessava.
A Palermo, tra le Befane più generose spiccavano quelle promosse dalla Cassa di Risparmio V.E.II, del Banco di Sicilia, tra le più affollate quelle dei Vigili Urbani e delle Poste. Tutte comunque coinvolgevano l’intero nucleo familiare, scatenando talvolta l’ansia delle gentili consorti, alle prese con la scelta di mises che facessero far fare bella figura al proprio coniuge nei confronti di colleghi e superiori.
Resta il fatto che nel tempo l’iniziativa passò dalla gestione aziendale a quella delle organizzazioni sindacali e, più tardi, la cerimonia fu sostituita con l’erogazione di buoni in denaro da spendere presso negozi convenzionati. La magia della Befana aziendale si era dissolta !
Non è questa la sede per approfondire quale sia l’influenza di gesti di sensibilità nei confronti del Personale sul clima aziendale, un tema che vide in Adriano Olivetti un visionario anticipatore seguito oggi da pochi illuminati, tra cui spicca l’imprenditore Brunello Cucinelli, il più noto esportatore italiano di filati di cashemere, fautore di politiche di welfare aziendale note in ogni parte del mondo.
“Per lavorare bene – dice Brunello Cucinelli – ci vuole lo stipendio, certo. Ma ci vogliono anche altre cose: condizioni di lavoro eque, sostegno alle famiglie e dignità”.
L’azienda di Brunello Cucinelli è stata fondata nel 1978. Aveva cominciato a produrre maglioni in cashmere colorati, diventando famoso proprio per questa scelta, che ai tempi era inusuale. Nel 2012 la società – che oggi ha circa 1.400 dipendenti e opera in oltre 50 paesi – si quotò in borsa con successo, aumentando i profitti netti del 52 per cento, fino a 43,9 milioni. Nel 2014 le vendite sono aumentate del 10,4 per cento, fino a 472,8 milioni, e ora l’azienda ha un valore di mercato di circa un miliardo di euro.
La società ha sede a Solomeo, un borgo medievale con 406 abitanti, frazione del comune di Corciano, in provincia di Perugia, in Umbria, ed è conosciuta, oltre che per i vestiti, per i buoni risultati economici e per una filosofia molto sensibile alla vita privata dei suoi dipendenti e al miglioramento delle condizioni del paese che la ospita.
Brunello Cucinelli, ad esempio, vuole che i propri impiegati finiscano il lavoro alle cinque e mezza e non si mandino e-mail di lavoro fuori orario, per “conservare la propria energia creativa”.
Sull’importanza di non esagerare con il lavoro Cucinelli ha detto in diverse occasioni: «Se ti faccio lavorare troppo, ti rubo l’anima». Anche per questo motivo i suoi dipendenti fanno una pausa pranzo di un’ora e mezza all’una, durante la quale possono mangiare nella mensa convenzionata.
La Brunello Cucinelli negli anni ha investito molto anche nel paese di Solomeo, finanziando diversi progetti culturali e di restauro. Prima di tutto Cucinelli ha restaurato il castello medievale che è stato la prima sede dell’azienda, nel 1987; poi – quando la produzione è stata spostata in altre strutture a causa della crescita dell’azienda – nel castello, dove sono rimasti gli uffici amministrativi, è stata creata la “Scuola dei mestieri”, dove si insegnano materie come rammendo e rimaglio, taglio e confezione, sartoria e arti murarie.
Il prossimo progetto di Cucinelli prevede la costruzione di tre parchi (Parco Agrario, Parco dell’Oratorio Laico e Parco dell’Industria, dove ci saranno vigneti, frutteti e uno stadio) nella valle sotto la collina di Solomeo. I parchi verranno realizzati con le risorse della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli (creata nel 2014 ) che, scrive Bloomberg, si finanzierà con la vendita di azioni del valore di 62,9 milioni di euro.
Cucinelli ha spiegato che la sua filosofia aziendale deriva dall’ esperienza familiare. Il padre abbandonò la vita di campagna per un lavoro in fabbrica e Cucinelli ha raccontato di ricordarsi di lui esausto e spesso umiliato dalle prese in giro da parte degli altri lavoratori per i suoi vestiti da contadino e di aver visto in Solomeo l’occasione di creare l’ambiente di lavoro che suo padre non ha potuto avere, oltre a rivitalizzare un posto che gli abitanti avevano abbandonato.
Negli anni Cucinelli ha costruito a Solomeo un teatro e un anfiteatro; una biblioteca aperta agli impiegati, con i libri di alcuni dei suoi pensatori preferiti (tra i quali Immanuel Kant e John Ruskin); ha restaurato edifici, vie, piazze, giardini, spazi pubblici e diverse costruzioni adiacenti al centro storico. L’azienda paga i dipendenti il venti per cento in più rispetto alla media italiana dei salari dell’industria manifatturiera.
Probabilmente ho dimenticato se la Befana esista o meno. So soltanto che se nella notte fatidica dovesse solcare i cieli del mondo, non lascerebbe cadere carbone sulle torri merlate di Solomeo frazione del Comune di Corciano, ma ne riserverebbe l’intera scorta ai tristi capannoni di Amazon, Seattle, Stato di Washington o di Ali Baba, ad Hangzhou, Cina Popolare e, chissà, magari anche a quanti tra noi preferiscono non sapere quale sia il vero prezzo pagato dalle schiere dei nuovi schiavi sfruttati all’inverosimile per soddisfare i tanti capricci della nostra supposta modernità.
Forse, allora, alla Befana torneremmo a credere tutti e scorgendola volare sulla sua scopa con la Luna ad illuminarne la sagoma familiare, le grideremmo, come i bambini che fummo, “arrivederci al prossimo anno !! “.