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La Binetti pone il veto su Marino. È accettabile?
Il Pd ad una svolta che potrebbe costargli la sopravvivenza

13 luglio 2009 12:54
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La deputata del Partito Democratico Paola Binetti ha annunciato che se ne andrà dal partito se dovesse vincere Ignazio Marino, candidato alla segreteria con Bersani e Franceschini. Potrebbe sopportare l’idea che vinca Dario Franceschini o Bersani, ma non sopravviverebbe, come parlamentare democratica, in un partito diretto dal chirurgo e scienziato cattolico genovese.

 

Questa dichiarazione non è stata oggetto di alcuna attenzione, è quasi caduta nel vuoto. Eppure l’onorevole Binetti ha posto la questione centrale del partito, la possibilità stessa della sua sopravvivenza. Le domande che essa suscita sono semplici: il Pd adotta il metodo della democrazia nelle sue scelte? È compatibile con il partito una linea politica laica?

 

Ignazio Marino è un cattolico laico, è considerato il figlio spirituale del cardinale di Palermo, Pappalardo, la sua creatura nella società civile siciliana e nel mondo scientifico italiano. La laicità di Marino, dunque, è compatibile con il pensiero delle gerarchie ecclesiastiche, la sua chiesa è più vicina a quella del cardinale martino, piuttosto che ad altri, ma non vive fuori dalla cultura cristiana, tutt’altro.

 

Com’è possibile, dunque, che l’onorevole Binetti si senta minacciata, politicamente, da Ignazio Marino? E com’è possibile che la dialettica democratica tolleri una condizione vessatoria posta dai suoi iscritti.

 

La questione, infatti, non riguarda affatto la Binetti, le cui idee sono rispettabili (e vanno perciò rispettate), ma l’agibilità di un partito. A meno che il suo statuto non preveda chiaramente alcuni paletti e ponga delle condizioni irrinunciabili alla militanza. I valori della Binetti sono i valori del Partito Democratico, tout court? O l’identità del Pd accoglie la cultura laica e verso di essa manifesta lo stesso rispetto che pretende per la propria?

 

L’annuncio della parlamentare, dunque, apre una fase cruciale nella vita del Pd. Il fatto che ciò avvenga durante lo svolgimento del congresso è una opportunità. Non un fastidio.

 

Quanti aderiscono al Pd, o vorrebbero farlo, o prendono in considerazione questa opzione, hanno il diritto di sapere se il Pd ha adottato il metodo democratico per maturare le scelte che fa, sia in nei temi etici sensibili quanto in quelli sociali e propriamente politici.

 

Se passasse inosservata la proposizione, netta ed ineludibile, dell’onorevole Binetti, verrebbe meno la possibilità, per iscritti o futuri aderenti, di sapere che cosa rappresenti e voglia il Pd. È uno schieramento che accoglie laici e cattolici, riformisti e moderati, socialisti e popolari? E coloro che appartengono a questo partito, accettano le decisioni assunte a maggioranza? O avverrà che alla vigilia di ogni scelta importante, qualunque sia il contenuto, ci sarà qualcuno pronto a minacciare l’uscita e mettere in crisi il partito?

 

Le formazioni uliviste e della sinistra hanno fatto una esperienza drammatica sull’impossibilità di governare il consenso (e il dissenso) nell’esperienza del governo di Romano Prodi, una esperienza che ha segnato a tal punto la coalizione da stimolare – da parte del primo segretario del Pd – una svolta radicale. Meglio soli che male accompagnati, insomma.

 

La formula adottata, però, ha lasciato le cose come stanno perché le contraddizioni sono ricomparse, esattamente come nella coalizione di centrosinistra, all’interno del Pd. Quel “meglio soli” avrebbe dovuto essere seguito dal “come stare soli” e per fare che cosa.

 

Il punto, in definitiva, è: rinunciare all’onorevole Binetti o rinunciare al nulticulturalismo, alla democrazia interna, alla laicità, al riformismo? Se si vuole tenere insieme l’integralismo – di qualunque segno – con il riformismo e la laicità, la prospettiva di costruire un partito moderno di centrosinistra, è impraticabile.

Questo lo sanno Bersani, Franceschini, Marino e la stessa Binetti.

© Riproduzione riservata
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Anonimo 15 luglio :48
L'utente ha risposto al commento anonimo del 15 luglio 2009. Visualizza »

Se fossi del P.D....

Il "veto" della Binetti è in fondo un'ottima ragione per votare Marino. Il PD non perde nemmeno un voto, si sbarazza della quinta colonna interna dell'Opus Dei, messa lì per bloccare qualunque iniziativa realmente progressista, e non è nemmeno necessario per far questo approdare alla cultura anticristiana che oggi imperversa in Europa.

Un cristianesimo liberale e laico forse è solo un sogno, ma varrebbe la pena provare.

 Ma scusate, allora è semplicissimo, basta votare Marino e finalmente ce la leviamo dalle scatole!

Anonimo 14 luglio :46

Se, e dico Se, esiste una dirigenza nel PD dovrebbe chiedersi quanti potenziali elettori sono allontanati dalla presenza della signora Binetti.

Non serve religione fuori dalle chiese.

Anonimo 14 luglio :09

Gramsci, Togliatti, Berlinguer....Occhetto, D'alema, Franceschini.....Binetti, Casini....

 

Se il PD sprofonda sotto il 4%, se l'è cercata.

 

Io continuo a preferire i discorsi di Odifreddi e Margherita Hack.

Anonimo 13 luglio :07
L'utente ha risposto al commento anonimo del 13 luglio 2009. Visualizza »

Credo Lei abbia posto la questione in maniera errtata; io penso che rinunciare ad Ignazio Marino per conservare la Binetti equivalga proprio a rinunciare al multiculturalismo.

I taliban teocon americani hanno spinto il mondo alla guerra insensata in Iraq, quelli italiani ci porteranno in braccio a Berlusconi

O al Papa. Il che è, se possibile, ancora peggio.

Anonimo 13 luglio :30

Essere cattolici significa accettare la dottrina sociale della Chiesa.

Marino si è posto fuori con le sue teorie sull'eutanasia.

E poi, quali sono  questi legami con il mondo cattolico? Io proprio non li vedo e non li ho mai visto?

L'articolo mi pare tendenzioso perchè vorrebbe far passare l'idea che Marino è un cattolico.

Al contrario, lui si dice cattolico ma alla prova dei fatti si è rivelato peggio di un ateo.

Insomma, al massimo è un cattolico "fai-da-te" che è peggio di essere un non credente.

Anonimo 13 luglio :11

Credo Lei abbia posto la questione in maniera errtata; io penso che rinunciare ad Ignazio Marino per conservare la Binetti equivalga proprio a rinunciare al multiculturalismo.

I taliban teocon americani hanno spinto il mondo alla guerra insensata in Iraq, quelli italiani ci porteranno in braccio a Berlusconi

Anonimo 13 luglio :15

Se fossi del P.D....

Il "veto" della Binetti è in fondo un'ottima ragione per votare Marino. Il PD non perde nemmeno un voto, si sbarazza della quinta colonna interna dell'Opus Dei, messa lì per bloccare qualunque iniziativa realmente progressista, e non è nemmeno necessario per far questo approdare alla cultura anticristiana che oggi imperversa in Europa.

Un cristianesimo liberale e laico forse è solo un sogno, ma varrebbe la pena provare.

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