“Se ti trovo, ti sparo”. Sui social clima da guerra civile

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La partita che si sta giocando in queste ore è la prova generale del cambio di regime e dell’approdo della democrazia parlamentare italiana alle sponde della democrazia gerarchica ed illiberale di marca ungherese. La più grave crisi istituzionale della Repubblica non è nata per caso; è stata cercata e costruita passo dopo passo dopo le elezioni del 4 marzo. La finta disponibilità ad un governo in cui il PD avrebbe dovuto svolgere il ruolo di agnello sacrificale sull’altare del cambiamento, la scoperta delle affinità tra i Cinquestelle e il “nemico” Matteo Salvini, la costruzione di un programma che prometteva a tutti tutto ed il contrario di tutto (il reddito di cittadinanza e la flat tax , il rimpatrio dei migranti e l’autorizzazione a sparare a chi ti entra in casa), l’individuazione di un ex ministro, ex direttore generale di Confindustria, docente universitario di formazione repubblicana e strettamente legato alle elites al potere negli anni Ottanta del secolo scorso  come l’ariete per costringere il presidente della Repubblica ad accettare un governo nei fatti orientato ad attivare le procedure di uscita dall’euro, il no immotivato alla proposta di affidare il ministero dell’Economia al numero due della Lega Giancarlo Giorgetti; sono tutti  i passaggi preordinati di un  disegno che si voleva conducesse esattamente all’approdo di ieri sera.

Non v’è traccia di ingenuità o di inesperienza in quanto si è compiuto, tanto che stamattina Matteo Salvini ha dichiarato: “voglio fare le stesse cose del ministro Savona; io voglio andare in Europa a ridiscutere i trattati”. Questo era il piano: creare le condizioni perché si aprisse il processo di uscita dell’Italia dall’euro. Per questo ha ragione Lucia Annunziata quando li chiama bugiardi ed afferma che “Lega e Cinque stelle hanno mentito ai propri elettori sulle proprie intenzioni e sull’impatto di quelle scelte”. Indegna è la richiesta di mettere in stato d’accusa il presidente della Repubblica in base all’articolo 90 della Costituzione. Essa, provocatoria quando a farla è l’estrema destra, Giorgia Meloni, diventa insopportabile quando arriva da Luigi Di Maio, capo politico di un Movimento al cui interno convivono le anime più diverse e che per unificarsi ha bisogno di proclamare la guerra del popolo contro le istituzioni.

E’ già successo nell’ Unione Europea a 27, in Ungheria ed in Polonia dove l’ascesa al potere di coalizioni populiste ha portato alla messa in discussione dei meccanismi di controllo propri delle democrazie liberali il cui scopo è impedire a qualsiasi partito di accumulare troppo potere e conciliare gli interessi di gruppi diversi (Yascha Mounk, Popolo vs Democrazia, Feltrinelli 2018). Il Salvini di “vogliamo essere lasciati liberi di lavorare” chiede esattamente questo; che si annullino tutti i contrappesi previsti dalla Costituzione per impedire la dittatura della maggioranza. Ancora Mounk scrive: “ ci sono tempi straordinari in cui le divergenze tra i due schieramenti diventano così gravi e profonde che non c’è più accordo sulle regole del gioco Pur di guadagnare un vantaggio, i politici sono disposti a minare le elezioni libere e giuste, a trasgredire le norme fondamentali del sistema politico e a denigrare gli avversari”

Sembra di sentire l’appello al popolo contro le istituzioni e le minacce contro Sergio Mattarella pronunciate ieri sera da Di Maio e Salvini, per non parlare delle affermazioni deliranti dei Di Battista padre e figlio. E, a proposito di delirio, le dichiarazioni appena rilasciate dalla sovranista francese Marine le Pen, presidente del Font National che ha definito “un colpo di stato” quanto avvenuto ieri  e dal leader euroscettico britannico Nigel Farage che invita gli elettori italiani ad “essere furiosi contro l’establishment”, danno l’esatta dimensione di come la vicenda italiana si collochi nel quadro dell’offensiva dell’internazionale dell’estrema destra europea che punta a scardinare l’Unione.

Sono ore difficili per la nostra democrazia e per l’Italia; e nelle ore difficili non è consentito  restare indifferenti. Il clima è pesante.  Solo  un piccolo episodio per segnalare la gravità del momento: a mio figlio che aveva inserito ieri sera un post di sostegno a Mattarella è stato  risposto da un idiota violento  che si firma Beppe Beraldo “se ti trovo ti sparo”. Certamente decine di episodi di questo tipo si staranno ripetendo in tutta Italia, funzionali alla creazione del clima di scontro con cui si sta costruendo la prossima campagna elettorale.

Chi ha la responsabilità di tutto questo si fermi prima che sia troppo tardi. A noi spetta non lasciare solo il presidente della Repubblica che ha esercitato il ruolo assegnatogli dalla Costituzione, attivando a tutti i livelli forme di partecipazione democratica che coinvolgano le forze politiche europeiste, le organizzazioni sociali, i cittadini che credono alla democrazia  regolata  dalla Carta Costituzionale.

 

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