Roberta Giuliano, la bella palermitana campionessa italiana di calcio femminile

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Roberta Giuliano, classe ’89, palermitana vincitrice della Coppa Italia di calcio femminile, coltiva fin da bambina la passione per uno sport che per anni lo stesso CONI ha considerato prerogativa maschile, basti ricordare che negli anni Trenta, a Milano, quando prese vita il Gruppo Femminile Calcistico, primo club di calcio femminile organizzato (le ragazze scendevano nel rettangolo da gioco indossando le sottane), l’attività’ duro’ solo nove mesi perché dopo l’entusiasmo dato dall’uscita della notizia sul Calcio Illustrato, che pubblico’ un’intera pagina con le foto delle ragazze milanesi a seguito del quale in diverse città’ sorsero altre squadre di ragazze, il CONI, per evitare che “il fenomeno” prendesse piede, impedì alle donne di giocare non solo dei tornei ma soprattutto le singole gare, dirottando le calciatrici in vari sport atletici.

Roberta Giuliano, come nasce in te la passione del calcio femminile?

Penso di avere ereditato la passione di papa’, portiere di calcio tra il dilettante e il professionista ma abitato da una grande passione. Spesso, da bambina, lo seguivo per gli allenamenti e le partite e mentre lui giocava in campo io giocavo, emulandolo, fuori il campo, da sola con una palla.

Quando hai cominciato a giocare in squadra?

Ho cominciato a sedici anni, in una squadra che mio padre allenava, ovviamente nel classico campetto all’aria aperta anche se di dimensioni ridotte, conosciuto come Calcetto. Il mio primo esordio risale al 2009, a Marsala, quando ho iniziato come giocatrice di calcio a 5 passando al calcio a 11 in ottobre, contro il Real Cosenza, partita nella quale ho segnato la mia prima rete.

L’anno successivo ho poi cominciato a giocare in Serie A2, sempre con la maglia del Marsala, e in settembre dello stesso anno ho giocato contro il Napoli, segnando il mio primo gol in Serie A2 contro lo Schio.

Insomma, la maglia del Marsala ti ha accompagnato in tante avventure sportive..

ho collezionato complessivamente in un anno e mezzo 28 presenze tra campionato e Coppa Italia, segnando anche 7 reti. A dicembre 2010 sono stata poi ceduta al Napoli e solo un anno dopo, sempre in Serie A2, contro il Pordenone, ho segnato la mia prima rete in maglia azzurra.

L’anno successivo ho vinto la Serie A2 con la maglia azzurra, giocando tutte le gare sia di campionato, conquistando anche la promozione in Serie A, sia di Coppa Italia, competizione nella quale sono arrivata con la squadra azzurra in finalissima, segnando anche un gol (il temporaneo 1-1), che non basto’ però a vincere il trofeo, che dopo i tempi supplementari venne vinto dal Brescia.

Quando sei tornata a giocare in Sicilia?

Nell’estate del 2013, quando ho avuto la possibilita’ di un accordo con l’Acese per giocare in Serie B la stagione entrante. Con la società di Acireale rimasi per due campionati, nel secondo contribuendo alla conquista del primo posto a 74 punti, con 24 vittorie e due pareggi su 26 incontri disputati, e conseguente promozione in Serie A. Poi pero’ nel 2015, prima dell’inizio della stagione 2015-2016, la società mi ha comunicato la sua rinuncia all’iscrizione al campionato.

E’ stata questa la ragione per cui hai deciso di cambiare disciplina?

Si. Ho trovato un accordo con il Futsal Portos Colonnella, società con sede a San Benedetto del Tronto, per giocare in Serie A Élite, livello di vertice del campionato italiano di calcio a 5 femminile, la stagione entrante. Ma con questa società sono rimasta una sola stagione svincolandomi a fine campionato. L’estate scorsa mi sono trasferita allo Sporting Locri per affrontare la stagione la Serie A Élite 2016-2017: il commissario tecnico della nazionale di calcio a 5 femminile dell’Italia, Roberto Menichelli, mi ha inserito nella rosa delle 21 convocate da impiegare nella doppia amichevole con le avversarie della Slovacchia. In quell’occasione sono scesa in campo nella seconda partita giocata al Pala Guglieri di Mortara e abbiamo vinto per 4-0.

Cosa puoi raccontarci infine della tua esperienza sportiva in altri paesi?

Sono stata una settimana in Iran per giocare una partita amichevole contro la Nazionale: e stata un’esperienza indimenticabile dal punto di vista umano e sportivo: intanto le giocatrici indossavano il burka con scoperto solo parte del viso e le mani, ma abbiamo perso 3-1 la prima partita e 2 a 1 la seconda. Contrariamente a quanto si pensa, la squadra e molto forte, molto preparata- probabilmente perché sono molto più allenate avendo alle spalle una storia molto più lunga di calcio femminile, al contrario della nazionale italiana che nasce solo nel gennaio 2015 (per volere della FIGC) quindi una certa mancanza di storia e di esperienza ci ha rese poco competitive.

Ancora un’altra esperienza e’ stata la partecipazione, questo dicembre 2017, al Torneo delle 4 Nazioni che si e’ giocato in Spagna, (Italia, Spagna, Russia, Portogallo). Il risultato pero’ e’ stato lo stesso, abbiamo perso per le stesse ragioni di cui ho già detto e anche se non vittoriose siamo state agguerrite e competitive lasciando della nostra squadra un ottimo ricordo.

Roberta, indubbiamente sei l’orgoglio dei palermitani e delle palermitane appassionati di calcio femminile: quali sono i tuoi progetti futuri?

In questo sport, a livello nazionale non esiste la possibilità di progettare qualcosa di professionale per il futuro: professionisti non si può diventare a meno che non si voglia giocare all’estero: in Italia si rimane dilettanti perché risulta spesso inconciliabile dedicarsi a una cosi impegnativa attività sportiva che prevede tanto allenamento, e contestualmente dover lavorare per vivere. In ogni caso la mia aspirazione e’ stata quella di entrare a far parte della squadra di Calcio Femminile Nazionale e ci sono riuscita, raggiungendo la posizione più alta possibile in territorio italiano. Questa e’ la mia più grande soddisfazione. Presumo che continuerò a fare delle altre partite in squadra; considerando pero’ che si tratta di uno sport che si può esercitare fino a un eta’ compresa tra i trenta e i trentacinque anni, spero di poter diventare un’allenatrice di squadra.

Voglio concludere manifestando il mio profondo rammarico per la situazione e lo stato di arretratezza culturale in cui si trova questa disciplina sportiva, peraltro molto amata: soprattutto al sud si vive una grande disorganizzazione tecnica e nonostante il prestigio della squadra e l’impegno di noi giocatrici, non abbiamo alcuna visibilità mediatica, cosa che, indipendentemente dalla gratificazione personale, riduce la possibilità di divulgazione dell’attività sportiva stessa e contribuisce a mantenerla, ingiustificatamente come dire, sotto tono.

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2 Commenti

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